Turchia. Boomerang per Erdogan, Imamoglu (ri)eletto sindaco di Istanbul

by Chiara Cruciati * | 25 Giugno 2019 10:56

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Ieri mattina i quotidiani filogovernativi turchi si sono arrampicati sugli specchi: «Istanbul ha fatto la sua scelta», «Istanbul ha votato», i titoli di MilliyetYeni SafakStar e Turkgun. Più realisti del re, visto che il presidente Erdogan già domenica sera – riconosciuto la sconfitta – si era complimentato con il candidato sindaco degli avversari kemalisti del Chp, Ekrem Imamoglu. Nove punti di vantaggio, 800mila voti, è la distanza tra Imamoglu e il candidato del partito di governo Akp, l’ex premier Yildirim.

La sconfitta è significativa per un sistema di potere che ha controllato Istanbul per 25 anni di fila. L’annullamento del voto di fatto imposto dall’Akp al Consiglio supremo elettorale si è trasformato – come molti pronosticavano – in un boomerang: il 31 marzo scorso la distanza era stata di appena un decimo di punto, poco meno di 14mila voti.

Lo aveva subodorato lo stesso Erdogan che non a caso nelle ultime settimane ha evitato di fare campagna elettorale attiva al fianco di Yildirim.

È finita 54% a 45% con i sostenitori del Chp che domenica notte hanno invaso festanti le strade della città sul Bosforo, tra caroselli di auto, balli improvvisati in mezzo alla strada, bandiere turche e il discorso alla piazza del ri-neo sindaco. Che stavolta è certo di non venir spodestato come accaduto lo scorso maggio, quando dopo appena 18 giorni di mandato fu costretto a riconsegnare le chiavi della città: «Non un singolo candidato né un partito, ma tutta la Turchia ha vinto le elezioni», ha detto Imamoglu alla folla.

Parole che contengono una verità: a vincere è stata un’unione di intenti e di forze politiche, con le principali forze di opposizione che dopo l’annullamento avevano deciso di non presentare candidati e invitato i propri sostenitori ad appoggiare il Chp.

Una scelta che in alcuni casi, vedi la sinistra filo-curda dell’Hdp, non è stata presa a cuor leggero visto quanto le politiche nazionaliste e kemaliste del secolo scorso hanno devastato le condizioni politiche, economiche e culturali della minoranza.

Ma stavolta il nemico era più grande ed è stato vinto. Nell’Akp è già cominciata la resa dei conti con più di un parlamentare che chiede di individuare le responsabilità della débacle e punire. Ma le responsabilità non si limitano alla leadership locale, se è vero che molti elettori dell’Akp hanno voltato le spalle al sultano, chi per ragioni economiche (la crisi che morde da oltre un anno il paese, l’inflazione rampante e la lira che va giù gli hanno alienato il voto di una buona fetta di classe media) e chi per motivi politici: i suoi elettori più moderati non hanno apprezzato il colpo di mano dell’annullamento del voto del 31 marzo né l’alleanza parlamentare con la destra dell’Mhp.

A venirgli incontro, alla fine, è lo stesso Imamoglu che si è detto pronto a lavorare con la presidenza «in modo sincronizzato» su trasporti, prevenzione degli effetti dei terremoti, rifugiati. Resta il dubbio se a far vincere il semi sconosciuto figlio di un imprenditore edile sia stata la voglia degli elettori di punire Erdogan o il programma del Chp: redistribuzione della ricchezza, inclusione delle minoranze, trasparenza finanziaria, migliori trasporti, sgravi per studenti e famiglie. Di certo l’idea che possa esistere un altro modo di gestire il comune ha fatto presa.

Ma proprio su questo punto il presidente potrebbe cercare la rivincita: in Turchia i fondi agli enti locali sono decisi dal governo centrale; spetterà dunque a Erdogan (che dopo il referendum costituzionale di due anni fa si è attribuito super-poteri) dare l’ultima parola sui progetti che Imamoglu sogna per Istanbul.

* Fonte: Chiara Cruciati, IL MANIFESTO[1]

photo: MHIRM [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

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