I Sauditi verso il nucleare, con l’aiuto degli Usa

by Michele Giorgio * | 7 Luglio 2019 12:43

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Gli USA vendono tecnologia nucleare ai sauditi senza garanzie mentre varano sanzioni contro l’Iran che ha firmato un accordo internazionale

«Se l’Iran svilupperà l’arma nucleare, noi seguiremo subito l’esempio», ha minacciato l’anno scorso il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Tehran continua a non avere la bomba atomica ma il programma nucleare di Riyadh fa passi in avanti significativi.

E sebbene appaia indirizzato verso ricerca scientifica e futura produzione di energia elettrica – così da liberare per l’esportazione una parte della produzione di petrolio – è comunque rischiosa l’indifferenza internazionale verso di esso in un momento molto delicato per il Medio oriente, con Donald Trump che ha buttato all’aria l’accordo sul programma nucleare iraniano e Tehran che in risposta minaccia, già tra qualche giorno, di riprendere a ritmo serrato la produzione di uranio arricchito.

Come mostrano le foto satellitari della città «King Abdulaziz per la Scienza e la Tecnologia», nei pressi di Riyadh, l’Arabia saudita ha allestito un importante centro ricerche e punta ad avere due reattori, il primo entro la fine dell’anno, il secondo entro il 2020. Gli esperti di controllo degli armamenti sono allarmati: i sauditi non hanno ancora aderito a tutti i trattati volti a garantire che i programmi atomici non siano utilizzati per costruire armi.

Gli Usa, che collaborano attraverso società private al programma saudita, sulla carta considerano i potenziali usi militari della tecnologia. Nei fatti però l’Amministrazione non si pone troppi interrogativi perché si tratta di un affare da molti miliardi di dollari e la concorrenza è forte. Aziende russe, sudcoreane, cinesi e francesi sono in trattativa con Riyadh per fornire i primi due dei 16 reattori necessari per arrivare a 17,6 gigawatt di capacità nucleare entro il 2032.

I motivi di sospetto non mancano. Riyadh è stata molto chiara: non firmerà alcun accordo che priverà il regno della possibilità di arricchire l’uranio o di ritrasformare il combustibile nucleare, entrambi potenziali percorsi verso la bomba atomica. Robert Kelley, ex direttore per le ispezioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), spiega che il reattore sperimentale in fase di realizzazione pur essendo di piccole dimensioni sta facendo progressi «celeri».

In una visita a Riyadh a gennaio, Mikhail Chudakov, vicedirettore generale Aiea, ha confermato che l’Arabia saudita ha «compiuto progressi significativi nello sviluppo delle sue infrastrutture nucleari». A ciò si aggiungono i propositi espressi in un’intervista dal ministro dell’energia Khaled al Falih. «Non è naturale per noi importare l’uranio arricchito da un paese straniero per alimentare i nostri reattori», ha detto citando le riserve di uranio del paese.

L’Arabia saudita ha reso pubbliche le sue ambizioni nucleari nove anni fa ma i suoi progetti si sono accelerati con la formulazione del piano «Vision 2030» del principe ereditario Bin Salman che mira a sganciare l’Arabia saudita dalla dipendenza dal petrolio e a diversificare le fonti disponibili di fronte a una domanda di energia che triplicherà entro il 2030.

Progetti che convincono l’alleato Trump e generano lo scetticismo del Congresso sull’affidabilità saudita, in particolare dopo il brutale omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi compiuto lo scorso ottobre a Istanbul dai servizi segreti di Riyadh con il probabile via libera di Bin Salman.

Una risoluzione bipartisan presentata in Senato a febbraio richiede che l’uso di qualsiasi tecnologia nucleare statunitense in Arabia saudita dovrà essere accompagnato da misure che impediscano a Riyadh di arricchire l’uranio. Restrizioni a cui il segretario all’energia Rick Perry ha reagito avvertendo che l’Arabia saudita guarderà a Cina o Russia per sviluppare la sua industria nucleare se gli Usa non collaboreranno. «Posso assicurarvi che a quei due paesi non importa nulla della non proliferazione nucleare», ha tuonato Perry.

Tehran accusa gli Usa di «ipocrisia»: Trump vende tecnologia nucleare ai sauditi senza sufficienti garanzie mentre vara pesanti sanzioni economiche e diplomatiche contro l’Iran che ha accettato un accordo internazionale e di sottoporre ad attenti controlli dell’Aiea il suo programma di produzione di energia atomica.

A marzo, Ali Shamkhani, segretario del Supremo Consiglio di sicurezza nazionale dell’Iran, ha accusato «Stati regionali» di sviluppare «sospetti progetti nucleari», in riferimento ai programmi sauditi e a quelli degli Emirati arabi. Sullo sfondo i sospetti di cui si parla da anni di possibili forniture segrete di ordigni atomici ai sauditi dal Pakistan, paese largamente dipendente dagli aiuti finanziari di Riyadh.

* Fonte: Michele Giorgio, IL MANIFESTO[1]

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