Argentina, l’accoppiata Alberto Fernández-Cristina Fernández de Kirchner batte Macrì alle primarie

Argentina, l’accoppiata Alberto Fernández-Cristina Fernández de Kirchner batte Macrì alle primarie

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BUENOS AIRES. Alle 23 di domenica sera «Andate a dormire» era trending topic sul web argentino in relazione a Macri. È stata la frase con cui il presidente si è congedato dal palco del «bunker» dove la sua lista, Juntos por el Cambio (Insieme per il Cambiamento), ha atteso lo spoglio dei voti. Ancora non erano stati resi noti i dati ufficiali, e con un gesto inusuale, visto il conteggio ancora in corso, Macri è salito a parlare per annunciare ai presenti e ai telespettatori: «abbiamo avuto un’elezione negativa».

ALCUNI MINUTI PIÙ TARDI si è venuto a sapere che la tendenza era irreversibile: «la differenza è di oltre 10 punti», ha detto Macri dopo essere sceso dal palco, in conferenza stampa. Tuttavia, alla fine, sono stati ben 15 i punti di differenza. La formula Alberto Fernández – Cristina Fernández de Kirchner (FF) è riuscita ad imporsi col 47,65% dei voti sulla coppia Mauricio Macri – Miguel Ángel Pichetto, che ha ottenuto il 32,08%.

«A coloro che vi hanno raccomandato di andare a dormire chiedo per favore che non dormano più, perché hanno dormito per molto tempo e ci hanno creato un problema enorme», ha detto Alberto Fernández, davanti a 4 mila persone festanti. Il colore celeste – con cui si identifica la formula «FF» – ha cominciato a tingere quasi tutta la mappa del territorio nazionale sugli schermi televisivi perché la vittoria è stata diffusa: ha vinto in 22 dei 24 distretti elettorali. Ieri si è votato anche per la candidatura a governatore in quattro provincie. Le più importanti, in quanto rappresentative delle maggiori percentuali di aventi diritto sono state la provincia di Buenos Aires (37%) e la Città di Buenos Aires (quasi l’8%). La prima governata da María Eugenia Vidal, figura stella del «macrismo» che si pensava contagiasse il presidente con la sua immagine positiva.

LA VIDAL SI È FERMATA al 32,57% dei voti, quasi 17 punti sotto Axel Kicillof, ex ministro dell’Economia di Cristina Kirchner, che ha raggiunto il 49,34%. Questo distretto sarà fondamentale per le elezioni generali del 27 ottobre, per il bacino di elettori e perché non prevede il ballottaggio: chi ottiene un voto in più, vince. Nella Città di Buenos Aires, Horacio Rodríguez Larreta ha dato una vittoria al macrismo con il 46,54%, ma non senza preoccupazioni visto che il candidato del Frente de Todos (il medesimo schieramento di «FF»), Matias Lammens ha chiuso col 31,97%. Pur trattandosi di un outsider della politica, Lammens – presidente del San Lorenzo, la squadra del Papa – potrebbe portare Larreta al ballottaggio.

QUESTE «PASO» (primarie aperte, simultanee e obbligatorie), senza reali opzioni per scegliere i candidati e dato lo scenario di polarizzazione – Macri e Fernández concentravano l’80% dei voti – venivano considerate una sorta di primo turno elettorale. Con questi risultati, il 27 di ottobre, la coppia «FF» vincerebbe al primo turno in quanto compierebbe ampiamente con i requisiti della legge elettorale: ottenere il 45% dei voti validi o il 40% con un distacco superiore ai 10 punti sui secondi.

Alle generali, contrariamente a quanto succede nelle «Paso», si contano unicamente i voti validi, senza voti «in bianco» o «schede nulle», per cui il distacco tra «FF» e Macri potrebbe essere ancora maggiore e le speranze per quest’ultimo di un ballottaggio il 24 novembre sarebbero ridottissime.

Tecnicamente gli restano ancora delle chances. Intanto Fernández non dovrebbe crescere da qui a ottobre e Macri dovrebbe conquistare parte di quel 22% di astensioni rilevate domenica, comunque in linea con un astensionismo che si attesta storicamente intorno al 20%. Macri dovrebbe anche cercare voti tra chi in queste primarie ha scelto altre forze: l’8,22% è andato a Roberto Lavagna (ex ministro dell’Economia di Néstor Kirchner) per un lontano terzo posto, e quasi un 10% al resto delle liste, che vanno dai trozkisti alla destra, e un 3% di voti «in bianco», i quali potrebbero esprimersi ad ottobre. Ad ogni modo, si spera che la maggior parte di queste espressioni politiche mantengano parte del proprio patrimonio di voti ad ottobre. Nel caso in cui debbano orientare i propri elettori al ballottaggio, non è chiaro verso quale estremo della polarizzazione Fernández-Macri opterebbero.

LA PREOCCUPAZIONE ai «bunker», comunque, era la stessa per tutti: come reagiranno i mercati? Lunedì il messaggio di sfiducia per la parziale sconfitta del candidato dell’establishment si è espresso nel valore del dollaro, schizzato del 30% in poche ore. Ciò ha un impatto molto forte nell’economia argentina a causa del livello di indebitamento in dollari con organismi internazionali di credito, per l’incremento dei prezzi dell’economia interna e perché potrebbe provocare un livello d’incertezza tale da indurre gli investitori stranieri a ritirarsi, in cerca di orizzonti più stabili. Da qui a ottobre non bisognerà quindi sottostimare il ruolo di chi, pur non facendo parte di modelli e proiezioni propri del sistema elettorale, vota tutti i giorni.

(Traduzione di Gianluigi Gurgigno)

* Fonte: Ariadna Dacil Lanza, IL MANIFESTO

 

photo: Casa Rosada (Argentina Presidency of the Nation) [CC BY-SA 2.0]



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