Il neoministro Gualtieri «eredita» miliardi, ma per Istat il futuro è scuro

by Massimo Franchi * | 7 Settembre 2019 9:02

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La congiuntura. Economica. E astrale. Roberto Gualtieri pare essere un uomo fortunato. Se fino a qualche settimana fa l’inquilino di via XX settembre era chiamato costantemente a smentire la necessità di manovre correttive, il Sole24Ore di ieri titolava l’articolo di seconda pagina così: «Gualtieri eredita da Tria 20 miliardi». Come potrebbe un ministro dell’economia essere più contento?
Il conto del quotidiano di Confindustria – che ieri ha dedicato due pagine di consigli al nuovo governo da parte di 22 «esperti» rigorosamente tutti uomini – è fin troppo ottimistico. Alcuni dati però sono inconfutabili. La manovra correttiva di luglio con draconiani tagli di spesa – passata sotto la sordina Salviniana – ha migliorato i conti. Innanzitutto incorporando i risparmi figli del flop di Quota 100. Invece dei 350mila che dovevano fare la corsa per andare in pensione, le domande a fine anno saranno meno di 200 mila, circa il 40 per cento in meno. Uno scostamento che produce un risparmio: degli 8,3 miliardi messi a bilancio, se ne useranno solo 3,5 con quasi 5 miliardi in più per la prossima manovra.

IL COROLLARIO DEL FLOP di Quota 100 è che la finta «cancellazione della Fornero» sarà confermata anche dal nuovo governo: costa così poco – rispetto ai soldi già stanziati nel triennio – che si può tranquillamente portare avanti. Lo vuole il M5s e il Pd non si opporrà ad una misura che ha comunque mandato in pensione lavoratori bloccati da anni.
Il resto dei risparmi viene dall’effetto «Salvini via» che ha tranquillizzato l’Europa ormai super convinta a riconoscere al nuovo governo tutta la flessibilità di bilancio che servirà.

NON SI ARRIVA A 20 MILIARDI, ma lo stellone parrebbe positivo per il nuovo corso del Conte bis. Che ieri è stato subito benedetto da imprese e finanza all’annuale Forum Ambrosetti di Cernobbio – compreso l’ex ministro degli Esteri Moavero, tornato dei ranghi dopo il passaggio nel governo populista-sovranista.
Un consenso che Gualtieri – che ieri ha incontrato Conte alle prese con la stesura del discorso programmatico per la fiducia parlamentare – utilizzerà per rilanciare la ricetta keynesiana di cui sarà certamente portatore in Italia e in Europa, puntando tutto sulla crescita economica. Quella che in Italia manca ormai da una ventina d’anni.

LA REALTÀ DEI DATI ECONOMICI nel frattempo contraddice tutto questo ottimismo. Ieri l’Istat ha squadernato dati e previsioni nefaste, tanto da far pensare che il leghista Gian Carlo Blangiardo sia intervenuto per calcare la mano sentendosi orfano di chi lo ha imposto all’istituto di statistica.
Dopo un giugno fin troppo positivo, i dati di luglio sono stati una doccia fredda: forte calo dei consumi.

ANCORA PIÙ PREOCCUPANTI sono le previsioni. Forse dovremo abituarci a rottamare lo spread – ormai sotto controllo per fattori esogeni, leggasi Bce – e sostituirlo con l’indicatore anticipatore come dato decisivo. Si tratta di un valore che tiene conto dei segnali presenti per predire cosa succederà nell’economia: una sorta di barometro economico. Ebbene, nella nota mensile di agosto dell’Istat «l’indicatore anticipatore ha segnato un’ampia flessione suggerendo il proseguimento della fase di debolezza dei livelli di attività economica». Le cause sono sia esogene – «il recente peggioramento e l’elevata instabilità del quadro congiunturale» – che interne: il calo dei consumi.

A luglio «le vendite al dettaglio hanno registrato una riduzione, anche se «contenuta», su base mensile (-0,5% in valore, -0,7% in valore), con una contrazione sia per i beni alimentari sia per gli altri», scrive l’Istat. Con conseguenze che si hanno e si avranno sull’occupazione: «La debolezza dei ritmi produttivi si è riflessa anche sul mercato del lavoro, determinando l’interruzione della crescita delle unità di lavoro e delle ore lavorate che aveva caratterizzato i mesi precedenti», spiega l’Istat.

* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto[1]

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