«Il Tap illegale»: la procura emette 19 avvisi per reati ambientali

by Gianmario Leone * | 7 Settembre 2019 8:49

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Alcune opere a terra del gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) sarebbero state realizzate senza seguire le indicazioni della Valutazione di impatto ambientale (Via) e in violazione dei vincoli paesaggistici contaminando la falda. È la conclusione a cui è arrivata la Procura di Lecce, che nei giorni scorsi ha notificato ben 19 avvisi firmati dal pm Valeria Farina Valaori e dal procuratore Leonardo Leone De Castris, ad alcuni rappresentati legali di ditte incaricate dei lavori e i vertici di Tap (Trans Adriatic Pipeline), per reati ambientali relativi alla costruzione del tratto terminale del gasdotto nel territorio di Melendugno. Stralciata l’ipotesi di truffa inizialmente contestata ai vertici di Tap Italia, nonché ad un dirigente del MiSE, per non aver sottoposto l’opera alla direttiva Seveso, sul rischio di incidenti rilevanti.

GLI AVVISI RIGUARDANO DUE filoni d’inchiesta distinti riuniti in un unico procedimento: quello sull’espianto degli ulivi in località ‘Le Paesane’, la cui area fu posta sotto sequestro il 27 aprile scorso e di recente dissequestrata, e l’inquinamento della falda in prossimità del cantiere.
In particolare a Michele Elia, Gabriele Lanza e Marco Paoluzzi, rispettivamente country manager, project manager e direttore dei lavori, viene contestato di aver «realizzato le opere del tratto italiano del gasdotto marino e terrestre su aree sottoposte a vincolo paesaggistico e idrogeologico, dichiarate zone agricole di notevole interesse pubblico».

INOLTRE, I LAVORI si sarebbero svolti in assenza di autorizzazioni ambientali, idrogeologiche, paesaggistiche ed edilizie, «essendo illegittima – si legge nel provvedimento – quella rilasciata con D.M 223 dell’ 11/9/2014 e DM n 72/2015 poiché adottata senza valutazione degli effetti cumulativi esterni ed interni». Le accuse sono di deturpamento di bellezze naturali, danneggiamento, violazione del testo unico in materia edilizia, inquinamento idrico.

IN PARTICOLARE, LA PROCURA ritiene che gli ulivi, piantati in un’area di notevole interesse pubblico, «siano stati espiantati in assenza della prescritta autorizzazione in un periodo diverso da quello autorizzato, realizzando uno spianamento di circa sette metri ed una recinzione con blocchi prefabbricati e rete metallica propedeutica all’espianto di olivi».

PER L’INQUINAMENTO della falda, è contestata «la mancata o incompleta impermeabilizzazione» e «lo scarico di acque reflue industriali in assenza delle dovute autorizzazioni, il deposito di attrezzature, materiali e rifiuti sulle aree il cui dilavamento meteorico interessava la sottostante falda acquifera contaminandola con sostanze pericolose, tra le quali il cromo esavalente».
«Non ho ricevuto nessuna notifica, ma ora l’intero cantiere andrebbe sequestrato ed i lavori fermati, in attesa dei tre gradi di giudizio, per evitare la reiterazione del reato». È il commento del sindaco di Melendugno, Marco Potì, da sempre in prima linea contro la realizzazione del gasdotto, insieme al movimento No Tap e diverse associazioni e cittadini. L’amministrazione comunale è già al lavoro con l’Ufficio tecnico e la Soprintendenza, per studiare le prossime mosse.

«DEL RESTO – AFFERMA POTÌ – quando si è in presenza di un’opera abusiva si tratta di un illecito amministrativo, che se accertato prevede l’abbattimento della stessa: lo stabilisce la legge per ogni singolo cittadino, non vedo perché non dovrebbe valere a maggior ragione per una multinazionale. Il gasdotto Tap è un’opera illegittima».

INTANTO I LAVORI per la realizzazione del gasdotto procedono, seppur a rilento. Ora si è fermi per quanto riguarda la condotta a mare. Il consorzio ha reso noto di non riuscire a rispettare la prescrizione che prevede una distanza di 50 metri dal coralligeno presente nel punto di uscita in mare del gasdotto. Per questo la società ha presentato un’istanza di verifica di assoggettabilità a Via del progetto di posa della condotta in mare. «Ci aspettiamo riapertura della Via – afferma Potì – per un progetto che dimostra il suo alto impatto ambientale, visto che è la stessa la società a dichiarare di impattare per un raggio di 2 km l’area in cui sono presenti le biocostruzioni marine».

* Fonte: Gianmario Leone, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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