La ministra Bellanova apre al Trattato «Ceta», ma anche Zingaretti è contrario

La ministra Bellanova apre al Trattato «Ceta», ma anche Zingaretti è contrario

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«Il Lazio dice No al #Ceta. Chiediamo al Parlamento di fare lo stesso, difendiamo i nostri produttori e sapori da commercio ingiusto senza regole». Questo Tweet non è di un pericoloso sovranista, ma dell’attuale segretario del Pd Nicola Zingaretti che nel 2017 si unì agli oltre2mila enti locali italiani che chiesero con mozione o delibere, sotto il Governo Gentiloni, di non ratificare il trattato di liberalizzazione commerciale tra Europa e Canada, il Ceta. Ma la nuova ministra all’Agricoltura del Pd nel Governo Conte Bis Teresa Bellanova forse non lo sa, e nelle interviste sui «primi cento giorni del suo dicastero» lancia la caccia agli «sciamani» che, come Zingaretti, si sono opposti a quel trattato.

Le reazioni politiche alla sua sortita, a governo appena avviato sono state vibrate e clamorose: i senatori del M5S le hanno spiegato che il Ceta è «pesantemente dannoso per il Made in Italy e tutta la filiera nostrana», è il senatore Nicola Morra a sottolinearle che «la ratifica del Ceta non è in programma» e che «il M5S, forza di maggioranza relativa in Parlamento, ben più forte del Partito democratico e fortemente contraria a questo trattato». Proprio come Stefano Fassina che per LeU le ha ricordato che «il Governo Conte non è monocolore Pd». Il deputato di FI Paolo Russo, coordinatore del Gruppo interparlamentare No Ceta l’ha rimproverata di «non aver ascoltato i produttori, gli agricoltori, i veri numeri dei consorzi», e per questo le ha chiesto un incontro urgente con l’Intergruppo: «Se in Parlamento il partito del No Ceta supera gli schieramenti politici e resiste alla durata dei governi un motivo ci sarà», ha aggiunto.

Una battaglia, quella pro-Ceta, che dal punto di vista dei numeri vale poco: lo 0,9% dell’export italiano secondo Ice, che interessa lo 0,3% delle imprese italiane. L’effetto del trattato non è stato travolgente: sempre Ice nel report 2018 chiarisce che l’export italiano in Canada nel 2018 è aumentato del 4,8%, meno della media degli anni pre-Ceta. Ma è lo spazio normativo che apre che è inedito, come quello simbolico: sia Carlo Calenda, l’ex ministro Pd che lo promosse e sottoscrisse per l’Italia, sia il collega predecessore della Bellanova, Maurizio Martina, lo trasformarono nel simbolo del grande derby ideologico tra europeisti contro protezionisti.

In realtà l’agrobusiness canadese, in un documento ufficiale della Camera di Commercio sponsorizzato dal gruppo di corporation del settore Croplife e diffuso in Italia dalla Campagna italiana contro il Ceta, ha accusato l’Italia e il predecessore di Bellanova di «protezionismo» per aver introdotto la tracciabilità del grano nelle etichette della pasta che avrebbe depresso l’export di grano canadese verso l’Europa. Saluta, inoltre, il Ceta come «struttura istituzionale che forza il governo del Canada e la Commissione europea a mettere sul tavolo i fattori ‘irritanti’ per il commercio».

Bruciano alle imprese canadesi i divieti imposti dall’Italia alla presenza di Ogm nell’alimentazione umana: in Canada circolano liberamente, in virtù dei trattati commerciali che lo legano a Usa e Messico, alimenti contenenti Ogm non etichettati e per questo non tracciabili, ed è impossibile certificarli Ogm-free come chiede la normativa Ue. Urticano anche i limiti Ue ai residui di pesticidi nel cibo, all’uso di ormoni e antibiotici nell’allevamento e il bando all’uso sul grano in pre-raccolta del diserbante Glifosate: li definiscono «barriere al commercio ingiustificate che non offrono alcun livello superiore di sicurezza per i consumatori», pur sapendo che 99 pesticidi ammessi in Canada in Europa sono banditi, e che negli allevamenti canadesi viene ancora usata come pastura la farina di sangue, indicata come origine della Mucca Pazza e per questo bandita dalle aziende europee.

Il Ceta, contrariamente a quanto affermato da Bellanova, non è uno strumento efficace contro la contraffazione alimentare perché protegge solo 41 sulle oltre 290 eccellenze certificate in Italia e permette la coesistenza, ad esempio, tra i nostri prodotti e gli storici produttori di parmesan locali. Come le ha spiegato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, per l’export di Grana Padano e Parmigiano Reggiano si conferma un calo del 30% anche nei primi tre mesi del 2019, mentre l’arrivo del parmesan canadese aumenta del 13 % nel mercato europeo, principale mercato di sbocco per i due terzi delle imprese italiane dell’agroalimentare.

Dopo le critiche piovute da categorie produttive, associazioni, consumatori, parlamentari, alleati e opposizioni di Governo, la ministra Bellanova ha promesso che ascolterà tutti e cambierà il trattato. Forse non sa che solo i ministri cambiano, questo tipo di trattati no.

*portavoce della Campagna Stop Ceta Italia

Fonte: Monica Di Sisto, il manifesto



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