La Spagna torna alle urne, Sánchez non ha i numeri

by Luca Tancredi Barone * | 18 Settembre 2019 19:17

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Il capo dello stato spagnolo, Filippo VI di Borbone, ha constatato che non c’è accordo politico e ieri sera ha quindi comunicato di non aver nominato nessun candidato alla investitura. C’era tempo fino a lunedì. Il 23 scatterà lo scioglimento automatico delle camere. Le elezioni saranno il 10 novembre.

Ieri è stata una giornata chiave. Dopo settimane e settimane di stallo, lunedì scorso il monarca era tornato ad aprire un giro di consultazioni per verificare lo stato dei fatti: al contrario del presidente della repubblica italiana, il capo dello stato spagnolo non ha nessun margine di manovra politica e può solo ratificare un eventuale accordo fra i partiti.

Nei giorni scorsi socialisti e viola erano apparsi sempre più distanti. I socialisti non avevano voluto prendere neppure in considerazione la possibilità di una coalizione con Unidas Podemos, mentre Up, dopo aver persino proposto un patto a termine (fino alla prossima legge di bilancio, lasciando aperta la porta a Sánchez per cacciarli dal governo), aveva creduto di aver fatto di tutto per andare incontro alle esigenze dei socialisti. Di fatto, i due team negoziatori non si vedevano più 10 giorni. E nonostante tutto, Pablo Iglesias aveva promesso che comunque si sarebbe astenuto in una sessione di investitura, evitando di votare No.

Il colpo di scena che si è rivelato un fuoco fatuo era arrivato proprio lunedì da Albert Rivera, l’ondivago leader di Ciudadanos. Nel suo tono ultimamente sempre sopra le righe, dopo aver chiamato la squadra di Sánchez «banda» per mesi, e dopo aver giurato che mai e poi mai avrebbe appoggiato i socialisti, ieri aveva improvvisamente promesso che se Sánchez si impegnava su tre punti (molto elettoralistici), l’accordo per una astensione di Ciudadanos si sarebbe potuto fare «in 24 ore».

Il sogno di Sánchez sembrava diventato realtà: i due forni pronti a servirlo. Per la cronaca, Rivera chiedeva che i socialisti rompessero un accordo in Navarra che aveva visto l’astensione di Eh Bildu (eredi del braccio politico di Eta) per permettere un governo a sinistra; la seconda richiesta, vera ossessione degli arancioni, era che Sánchez considerasse una nuova sospensione dell’autonomia in Catalogna dopo la condanna dei leader indipendentisti e che si impegnasse a non indultarli; e infine, un pizzico di liberalismo: niente nuove tasse.

Ma la pantomima fra Rivera, che ora voleva un incontro “urgente”, e il capo del governo, che stizzito gli rispondeva che già le condizioni si stavano compiendo e che quindi poteva astenersi, è durata solo un giorno. Pablo Iglesias dopo l’incontro con il re lo aveva sintetizzato così: «Ora Sánchez ha due offerte: una collaborazione con noi, a sinistra, e una alla sua destra, di Ciudadanos, e tempo per decidere. Invece voler diventare presidente in cambio di nulla non è ragionevole».

Ora resta solo da vedere se l’altra profezia di Iglesias si avvererà: «Stia attento – disse a Sánchez in parlamento: questa potrebbe essere la sua ultima occasione di diventare presidente».

* Fonte: Luca Tancredi Barone, il manifesto[1]

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