3 ottobre 2013-3 ottobre 2019. Il pianto dei coccodrilli

by Sergio Segio | 3 Ottobre 2019 8:35

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Per comprendere la vicenda delle navi umanitarie e della loro criminalizzazione occorre risalire a Mare Nostrum, una missione italiana nel Mediterraneo decisa dal governo guidato da Enrico Letta e iniziata il 18 ottobre 2013, a seguito dell’emozione provocata dal naufragio avvenuto pochi giorni prima al largo di Lampedusa con quasi 400 vittime. Una missione impegnativa (utilizzava 32 navi militari, 2 sommergibili, oltre a elicotteri e aerei e impiegava quotidianamente 900 militari) ma dal ragguardevole bilancio: 150 mila persone soccorse in meno di un anno nell’ambito dell’operazione; 94 mila persone recuperate dalle sole navi della Marina militare; 439 eventi di ricerca e soccorso gestiti in un’area di 70 mila kmq; 366 presunti scafisti consegnati all’autorità giudiziaria; 9 navi catturate.
Eppure, Mare Nostrum venne chiusa dal successivo governo di Matteo Renzi, che aveva defenestrato Letta. Prese il suo posto, dall’inizio novembre 2014, la missione Triton, guidata dall’agenzia europea Frontex. Come si premurò subito di chiarire il suo direttore esecutivo, Gil Arias Fernandez, si trattava di operazioni con finalità differenti: la “Ricerca e il soccorso” per quella italiana soppressa, il controllo delle frontiere per Triton e Frontex. Amnesty International commentò: «La proposta italiana di porre fine all’Operazione Mare Nostrum nel Mediterraneo pone a rischio le vite di migliaia di migranti e rifugiati che tentano di raggiungere l’Europa». Ma tutti fecero finta di nulla. Il futuro promotore di Italia Viva (e i Migranti Crepino) era all’apice del proprio – caduco – potere.
Una facile previsione: già nei primi mesi del 2015 vi fu un’impennata delle morti in mare, con almeno 800 vittime in un solo naufragio nel Canale di Sicilia il 18 aprile, il più grave mai successo, ma il tempo dell’emozione per la politica era ormai finito.
Il tragico record di vittime spinse all’azione le ONG, a partire da Medici Senza Frontiere, che da allora suppliscono nei salvataggi alla chiusura di Mare Nostrum. Da lì cominciarono gli attacchi di Frontex alle navi umanitarie, le accuse e l’inchiesta disposta dalla Procura di Catania, il codice di “autoregolamentazione” imposto dal ministro Minniti nel giugno 2017 e l’accordo del governo italiano con quello libico di Fayez al-Sarraj che costrinsero le ONG a ritirarsi o a navigare in mezzo a mille difficoltà.

Infine, dal giugno 2018, con il nuovo governo Conte e il suo ministro dell’Interno Salvini, la chiusura dei porti e il campo libero lasciato alla Guardia costiera libica, spesso in affari con i gestori dei lager libici. Nel frattempo (il 1° febbraio 2018) una nuova missione di Frontex, denominata Themis, sostituisce Triton; ha un mandato maggiormente rivolto agli aspetti repressivi e di intelligence e nuove aree di pattugliamento (una a est, da Turchia, Grecia e Albania; una a ovest da Tunisia e Algeria). La ratio è di lasciare maggiore spazio di manovra ai libici, dopo l’accordo sottoscritto con l’Italia, che ha spostato a ovest le nuove rotte dei migranti.
Ora, migliaia e migliaia di morti dopo (19mila nel Mediterraneo da quel 3 ottobre al 30 settembre 2019), si ricomincia dall’accordo di Malta e dal codice Minniti esteso a tutta l’Europa. Insomma, tutto come prima.
L’unico modo di onorare davvero quella tragedia e impedire che le stragi si ripetano sarebbe di ripristinare Mare Nostrum. Ma i coccodrilli che oggi riempiranno le pagine e i video con le loro ipocrite lacrime se ne guardano bene. Che l’Italia Viva e i Migranti Crepino!

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