Cresce la protesta in Cile. La testimonianza del fotografo Alejandro Castillo

Cresce la protesta in Cile. La testimonianza del fotografo Alejandro Castillo

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Le proteste in Cile sono state scatenate dall’aumento dei prezzi per il trasporto pubblico, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Presto però, si sono convertite in una più generale protesta contro il presidente Piñera e le sue politiche neoliberali.

 

L’Istituto Nazionale per i Diritti Umani, (INDH) ha scritto in un rapporto di aver registrato molti abusi e violenze di polizia e carabineros: perquisizioni a corpo nudo, torture, spari sui civili, abuso fisico e verbale, ritardi nel portare i detenuti alle stazioni di polizia.

 

La ONG ha anche confermato che le morti causate dai militari sono un totale di 15. Questa cifra purtroppo è per difetto: fonti dirette dal Cile, infatti, confermano che le morti sono più di 42. Inoltre denunciano che almeno 12 donne sono state violentate e che un totale di 121 civili, in maggior parte ragazzi, risultano scomparsi e più di 150 persone hanno testimoniato e denunciato torture nelle stazioni di polizia.

 

I racconti delle persone che sono state fermate confermano l’orrore degli abusi. Una ragazza racconta di essere stata obbligata a sdraiarsi sulle immondizie, di essere stata minacciata dai poliziotti se si muoveva. Dice di essere stata toccata con il fucile da un poliziotto che le diceva che se si fosse mossa le avrebbe sparato alla testa. Un poliziotto ha anche minacciato la ragazza di penetrarla con il fucile. 

 

Global Rights pubblicherà una serie di testimonianze provenienti dal Cile, si tratta di testimonianze scritte, video e foto. 

La prima testimonianza è quella di Mauro Alejandro Castillo, fotografo Cileno che ha venduto la sua bici per comprare una macchina fotografica analogica perché, dice, “Rimanere con le braccia incrociate non è un’ opzione!”

La sua testimonianza la trovate qui.

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Testimonianza di Alejandro Castillo – Fotografo

 

Con il passare del tempo, mi sono accorto che la vita nella capitale era sempre più complicata da sostenere, i lavori non duravano quel che dovevano durare, il reddito era insufficiente, e mi sono spesso trovato costretto a vendere le mie cose per tirare avanti.

Quest’anno sono arrivato al limite e ho preso la decisione, assieme alla mia compagna, di trasferirmi fuori dalla capitale, sacrificando in questo esodo amici e famiglia.

Abbiamo avuto la fortuna di trovare rapidamente lavoro e una casa a Chillàn. Stavamo per iniziare la nostra nuova vita, quando abbiamo sentito che le proteste e avevano raggiunto un livello di repressione ormai insopportabile. 

Durante i miei 27 anni ho sempre pensato che la violenza della polizia era troppa e che negli scontri, usciva sempre qualche ferito, la mia prima impressione era la paura.

Con il passare dei giorni, le informazioni che ci arrivavano erano sempre più angoscianti, abbiamo visto video di gente con il corpo crivellato di pallottole, che si dissanguavano per strada. La mia seconda impressione è stata ancora peggiore: provavo panico. Uno di solito pensa che queste cose succedono lontano. Non mi ero mai sbagliato tanto in vita mia: stava succedendo oggi, in Cile.

 

Con questa consapevolezza in testa, e vedendo la mia compagna piangere dalla paura, pensavo a cosa potessi fare per aiutare a cambiare la situazione, e non restare con le braccia incrociate.

Ho venduto la mia bicicletta e ho comprato una vecchia macchina fotografica analogica, non è certo la miglior macchina, né la miglior scelta, però è veloce nello scattare foto e mi permette di catturare un istante senza aver bisogno di fare tanti calcoli.

Mi sono avventurato in strada, con la mia compagna, senza sapere esattamente cosa avremmo visto, e meno ancora cosa fare: non avevo mai fatto un documentario di foto in un ambiente senza controllo.

Il primo giorno abbiamo assistito ad una manifestazione in piazza Italia e abbiamo visto come i carabinieri caricavano la folla, ricevendo gli ordini di lanciare lacrimogeni. 

Ci attaccarono con tutto quel che avevano, la gente era ‘armata’ solo di padelle e cartelli, era andata a manifestare. Col passare dei giorni le manifestazioni sono diventate sempre più aggressive e il presidente ha dato l’ordine ai militari di andare alle manifestazioni con armi da fuoco, ma i manifestanti, ancora una volta, portavano con loro solo padelle e cartelli.

Ancora oggi siamo in mezzo alla battaglia con tutte le possibilità di perdere, non abbiamo armi, non abbiamo un gran potere, ma sono sicuro che siamo uniti per la stessa ragione, NON RESTEREMO IN CASA CON LE BRACCIA INCROCIATE!

Sono sicuro che coloro che hanno conoscenze e abilità in infermeria, musica, fotografia ecc. apporteranno quanto possono per combattere questa atroce esperienza che ci è toccata vivere dopo il colpo di stato.

 

Il Cile ha tutto, eppure sembra che non abbia niente, la manovra del presidente è una manovra economica. Pinera è una persona incapace, una persona che non capisce come sta violentando il suo popolo. La violenza l’abbiamo vissuta nel nostro quotidiano. L’impotenza genera un’ insoddisfazione dal più profondo dei nostri cuori. NESSUNO STARÀ ZITTO DI NUOVO.

MAI PIÙ.



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