Offensiva militare turca, Erdogan spara sui civili e minaccia l’Europa

by Michele Giorgio * | 11 Ottobre 2019 8:49

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Intanto decine di migliaia di civili curdi scappano in direzione dell’Iraq

Tra le notizie incessanti di morti, feriti e distruzioni nel nordest della Siria invaso dall’esercito turco, è giunto ieri l’appello dell’Alto Commissario dell’Unhcr, Filippo Grandi. «Centinaia di migliaia di civili nella Siria settentrionale sono in pericolo. I cittadini e le infrastrutture civili non devono rappresentare un bersaglio», ha esortato Grandi. Ma i bombardamenti e le cannonate di Ankara non fanno e non faranno differenza tra combattenti e civili curdi. Ieri mentre molte migliaia di curdi – 60mila secondo alcune stime – a bordo di ogni possibile mezzo di trasporto e con pochi averi, fuggivano verso il confine con l’Iraq, Recep Tayyip Erdogan ha riferito in Parlamento con grande soddisfazione che sono già stati uccisi «109 terroristi». Forte del sostegno interno, quasi plebiscitario, all’offensiva “Fonte di Pace” scattata lunedì – la popolazione e il mondo politico sono con lui, le sole voci dissidenti sono quelle dell’Hdp curdo e di qualche esponente della sinistra -, il presidente turco ha replicato con rabbia al comunicato di condanna diffuso dalla “ministra degli esteri” dell’Ue Federica Mogherini, lanciando un minaccioso avvertimento: «Se provate a presentare la nostra operazione come un’invasione, sarà semplice: apriremo le porte e vi manderemo 3,6 milioni di migranti». Il tono è stato perentorio, per alimentare la paura di una «invasione di migranti e rifugiati» che agita la destra europea sovranista e populista.

La Turchia ospita oltre la metà dei 5,6 milioni di profughi siriani. Ed Erdogan ha ricordato che l’Ue blocca l’adesione della Turchia dal 1963. Ha aggiunto che l’Unione non ha pagato i tre miliardi di euro promessi per accogliere (e trattenere) i profughi in fuga dalla Siria, mentre la Turchia ha o avrebbe speso già 40 miliardi. Sull’onda della crescente avversione della popolazione turca verso i siriani presenti nel paese, Erdogan afferma di voler mandare all’interno della zona cuscinetto che intende creare in Siria, lungo il confine, due milioni di rifugiati. Ma il suo scopo principale è alterare la composizione demografica del nordest siriano e annientare, con l’offensiva “Fonte di Pace”, l’autoproclamata Amministrazione Autonoma curda. Le proteste internazionali e le conclusioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che doveva riunirsi ieri in una seduta d’emergenza, non fermeranno il suo esercito. Il via libera alle operazioni militari ottenuto da Donald Trump è l’unica cosa che conta per Erdogan, assieme alla luce verde avuta dalla Nato. Oggi il leader turco vedrà a Istanbul proprio il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, assieme al ministro degli esteri Cavusoglu e il ministro della difesa Akar.

Stoltenberg l’altro giorno a Roma ha fatto intendere che la Turchia ha il diritto di attaccare i curdi e invadere la Siria, ma deve astenersi dal compiere stragi, in poche parole deve ammazzare con moderazione e per il Patto Atlantico tutto sarà ok.

I curdi smentiscono le affermazioni del ministero della difesa turco che in un comunicato ha affermato «Nella pianificazione ed esecuzione dell’operazione ‘Fonte di Pace’ vengono presi di mira solo rifugi, ripari, postazioni, armi, mezzi ed equipaggiamenti che appartengono a terroristi del Pkk/Pyd-Ypg e di Daesh (Isis)». Mustafa Bali, portavoce delle Forze democratiche siriane (Fds), appoggiate fino a qualche giorno fa dagli Stati uniti, ieri ha fatto un quadro drammatico della situazione. «Lungo il confine tra il Tigri e l’Eufrate, da Derik a Kobane, i nostri villaggi e le nostre città sono sotto attacco. Aerei da guerra e armi pesanti vengono usati contro la nostra gente», ha denunciato lanciando un nuovo appello per l’intervento della comunità internazionale. Ankara ha una enorme potenza di fuoco, e i suoi reparti corazzati avanzano con la copertura degli F-16 e degli elicotteri da combattimento. I combattenti curdi sarebbero stati costretti ad abbandonare già otto villaggi, tutti situati in prossimità delle città di Tel Abyad e Ras al Ayn, entrambe abbandonate lunedì dai marines americani. I mortai curdi invece hanno ucciso almeno quattro persone, tra cui un neonato, in territorio turco. Dalbr Jomma Issa, una comandante delle Fds e delle Unità curde di protezione delle donne, sostiene che l’offensiva di Ankara «durerà molto a lungo» e che le forze curdo-siriane non sanno per quanto tempo potranno resistere e soprattutto fino a quando potranno mantenere il controllo degli oltre 12 mila miliziani e sostenitori dello Stato islamico, detenuti nelle carceri delle Unità curde di protezione del popolo (Ypg).

Erdogan ieri ha trovato il tempo per uno violento scambio di accuse con il premier israeliano e suo nemico Benyamin Netanyahu che, con il palese intento di stuzzicarlo, ha espresso la solidarietà sua e di Israele ai curdi. «Piuttosto pensi ai suoi guai giudiziari» ha replicato Erdogan.

* Fonte: Michele Giorgio, il manifesto[1]

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