Rapporto sulla condizione delle donne: l’Italia osservata speciale

by Adriana Pollice * | 11 Ottobre 2019 9:46

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L’Onu metterà sotto esame l’Italia il 4 novembre. Si tratta della Revisione periodica universale: ogni quattro anni gli Stati si sottopongono a un’analisi per stabilire il livello raggiunto in materia di diritti umani. La fondazione Pangea (in collaborazione con altre organizzazioni) ha stilato un rapporto sulla condizione delle donne in Italia con le relative raccomandazioni che presenterà oggi a Ginevra. «Le donne vengono attaccate sotto diversi punti di vista – spiega Simona Lanzoni, vicepresidente Pangea -. I “discorsi dell’odio” spesso colpiscono il corpo e le capacità delle donne per svilirne la leadership, campagne che vogliono rimetterci dietro a un focolare familiare che non è mai esistito se non nei romanzi».

Preoccupanti i segnali arrivati dai diversi governi: «Abbiamo assistito a vere e proprie azioni politiche – prosegue Lanzoni – come il Fertility day dell’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin, la conferenza di Verona sulla Famiglia patrocinata dall’ex ministro Lorenzo Fontana e il decreto Pillon, con i quattro disegni di legge collegati, che vorrebbero punire le donne che vogliono divorziare, anche se vivono violenza domestica, e togliere loro i figli sulla base della capacità reddituale».

IL QUADRO CHE EMERGE dal report è preoccupante e le iniziative dell’esecutivo 5S-Lega l’hanno aggravato. In base ai dati Istat (fermi al 2015), 6.788.000 donne in Italia tra i 16 e i 70 anni (cioè il 31,5%) hanno vissuto una qualche forma di violenza. Ogni 72 ore un femminicidio (circa 120 donne all’anno), di solito per mano di un partner, ex partner o parente. Il possesso di un’arma è un fattore di rischio. «Small Arms Survey stima in 8.600.000 in totale le armi da fuoco detenute da civili in Italia nel 2017», spiega il report, che poi aggiunge: «Due azioni legislative ne incentivano l’uso: il decreto 104 del 2018, che ha raddoppiato il numero di armi sportive che i cittadini con la licenza possono possedere, e la nuova legge sull’autodifesa».

PER LE MIGRANTI la situazione è molto peggiore, soprattutto dopo il primo decreto Sicurezza che ha reso più difficile l’accoglienza. «L’identificazione e la protezione delle vittime di tratta – spiega il report – corrono il serio rischio di essere gravemente limitate a causa del decreto Sicurezza. Inoltre, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati ha osservato che il decreto Sicurezza bis viola il principio di non respingimento». Nel 2017 le vittime di tratta assistite sono state 1.050: l’85,6% donne; l’11,5% bambini. I principali Paesi di origine sono Nigeria, Romania, Marocco.

La buona notizia dovrebbe essere l’introduzione del Codice rosso per il contrasto alla violenza di genere ma, d’altro canto, l’assistenza legale gratuita non è garantita a tutte le donne (come richiesto dalla legge 119/2013) perché «non è supportata da fondi dedicati». E ancora: «La violenza di genere è sottovalutata dagli operatori coinvolti nella protezione, nell’investigazione e nei procedimenti giudiziari, i quali spesso trattano la violenza domestica come semplice conflitto all’interno della coppia. Le donne sono costrette a sottoporsi a procedure di mediazione familiare e, nel caso di bambini testimoni della violenza, ad accettare l’affidamento congiunto. Sono le premesse per il disagio del futuro». E ancora: «La violenza psicologica e la denigrazione verbale – spiega Lanzoni – quasi sempre sono ignorate nei tribunali. In quelli civili le donne sono spesso condannate al risarcimento dei danni in quanto ritenute responsabili della cattiva relazione tra padre e figli».

SU SALUTE E PREVENZIONE si scontano ritardi cronici. Al tema dei medici obiettori che non praticano aborti (il 68,4%), si affianca il protocollo della «pillola del giorno dopo» che, quando applicato, obbliga a tre giorni di ricovero non necessario. Le donne, anche se altamente istruite, si limitano a impieghi precari e a paga ridotta: il tasso di occupazione nel 2017 è stato del 49,1%, quello maschile del 67,1%. A marzo ci sarà la sessione Onu che deciderà quali raccomandazioni vanno accolte: «L’esito dovrà avere effetti sull’agenda del governo – conclude Lanzoni -. Il Piano strategico di contrasto alla violenza di genere va ridiscusso, finora nulla è stato fatto».

* Fonte: Adriana Pollice, il manifesto[1]

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