Ue-Tuchia. Più soldi da Berlino e Bruxelles per bloccare gli arrivi dei migranti

by Sebastiano Canetta * | 5 Ottobre 2019 9:37

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Il rinnovo del patto europeo con il “sultano” Erdogan: più soldi da Berlino e Bruxelles per bloccare gli arrivi dei migranti in cambio della chiusura della «falla» alla frontiera con la Grecia.

È l’assicurazione alla Turchia rilasciata 48 ore fa ad Ankara dal ministro degli interni tedesco Horst Seehofer all’omologo turco Süleyman Soylu, nel corso della visita-lampo accompagnata dal commissario Ue alle migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos.

«La pressione migratoria sulla Turchia è enorme e in rapido aumento. Per questo dobbiamo rafforzare subito il nostro accordo» riassume il leader Csu.

Significa, in pratica, garantire al governo turco l’aumento del fondo di 6 miliardi di euro destinati al mantenimento economico dei campi-profughi e politico dello status di protezione umanitaria ai tre milioni di rifugiati siriani presenti in Turchia.

Per ottenere la fine del «transito incontrollato» al confine con la Grecia, dove ieri il governo ha giusto annunciato il previsto giro di vite sulla concessione dell’asilo. «Non è più una crisi di rifugiati bensì di migranti economici» ha tuonato in Parlamento il ministro conservatore Kyriakos Mitsotakis, pronto alla costruzione di campi per «l’espulsione rapida di tutti i profughi che si rifiuteranno di collaborare con le autorità». La visita di Seehofer con il patrocinio dell’Ue serve esattamente a disinnescare la crisi minacciata sia da Atene che da Ankara. Pieno supporto alla Grecia ma anche completo appoggio alla Turchia, secondo cui l’aumento degli arrivi alla frontiera Nord sarebbe «minimo» come ha sottolineato il ministro dell’interno turco.

Eppure il viaggio dell’“emissario” del governo Merkel alla corte di Erdogan non nasconde l’altro aspetto dell’incontro semi-bilaterale. Non solo la Germania si farà garante delle richieste turche alla Commissione guidata dalla presidente Ursula von der Leyen ma offre, in ogni caso, un orecchio europeo al piano coloniale della Turchia per il Nord della Siria.

Ad Ankara il ministro Soylu ha rivelato che all’ordine del giorno del summit con Seehofer c’era anche la famigerata “zona di sicurezza” nel Kurdistan, «difficilmente concepibile senza il controllo militare de facto della Turchia all’interno delle aree autonome curde. Un modo per legalizzare la presenza turca in Siria» è la deduzione non solo della Tageszeitung.

Anche se Seehofer tiene a precisare di «aver ricordato (ai turchi) che per molti governi, incluso il nostro, è un problema».

Martedì scorso Erdogan ha dettagliato il progetto di trasferimento di due milioni di siriani, metà dei quali destinati a popolare 140 villaggi «con l’aiuto della comunità internazionale» ha precisato, non a caso. Prima di ricordare all’Ue che dei miliardi promessi ne sono arrivati materialmente meno di tre.

Da qui la minaccia di aprire il rubinetto dei migranti se il flusso di finanziamenti non verrà garantito, come ha puntualmente provveduto ad assicurare l’altroieri il ministro Csu. In cambio, anche l’Ue in versione von der Leyen può beneficiare dello schema del patto stipulato nel 2016, secondo cui la Grecia può rimandare in Turchia i migranti giunti illegalmente mentre l’Unione europea si fa carico dei rifugiati siriani fuori e dentro la Turchia.

«Un partner chiave dell’Europa nella gestione dei flussi migratori» ha confermato ieri Natasha Bertaud, portavoce della Commissione, facendo il paio con la sintomatica dichiarazione di Seehofer al ministro dell’interno turco.

«Senza la tua solidarietà il problema della migrazione nella nostra area non sarebbe stato risolto. Grazie per il risultato storico». Parole chiave, anzitutto per fermare il trend degli arrivi in Grecia che secondo l’Unhcr sono passati da 35.848 del 2018 a 45.597 di quest’anno. Dopo il picco di agosto «è urgente oltre che necessario prevenire e individuare ancora più le partenze illegali dalla Turchia» spiega Avramopoulos. I diritti umani? «Nell’incontro ne abbiamo parlato» giura Seehofer.

* Fonte: Sebastiano Canetta, il manifesto[1]

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