Trump «legalizza» gli insediamenti coloniali e Netanyahu annette la Valle del Giordano

Trump «legalizza» gli insediamenti coloniali e Netanyahu annette la Valle del Giordano

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GERUSALEMME. Giornata eccellente quella di ieri per Benyamin Netanyahu, che lo ripaga della preoccupazione causata dal rischio di perdere la guida del governo. Qualche ora dopo l’annuncio del Segretario di Stato Mike Pompeo che gli Usa non considerano più illegali gli insediamenti coloniali ebraici costruiti in violazione del diritto internazionale nella Cisgiordania palestinese occupata, il premier ha approvato il disegno di legge che permetterà a Israele di annettersi la Valle del Giordano. La deputata del Likud (destra), Sharren Haskel, lo aveva proposto settimane fa e ha deciso di accelerarlo alla luce della posizione ufficiale espressa dagli Stati Uniti nei confronti degli insediamenti coloniali israeliani. Netanyahu lo aveva promesso prima delle elezioni del 17 settembre e l’incertezza intorno al nuovo governo non gli hanno impedito di dare il via libera al progetto di legge. Ma anche con un nuovo esecutivo, guidato dal partito centrista Blu Bianco, non cambierebbe molto. Il partito del premier incaricato Benny Gantz è ugualmente favorevole all’annessione della Valle del Giordano anche se usa toni diversi da quelli del Likud.

Netanyahu quindi è andato a Gush Etzion, tra Betlemme ed Hebron, il blocco di colonie israeliane più omogeneo. Qui la legge internazionale alla quale si appellano palestinesi, attivisti, centri per i diritti umani e, tra tante ambiguità, paesi arabi ed occidentali, è solo un pezzo di carta, di fatto non esiste. L’unica fonte di legge che conta da queste parti è la Torah, nell’interpretazione che ne danno i coloni israeliani naturalmente. In questa zona ebbe inizio la colonizzazione della Cisgiordania, subito dopo la guerra dei sei giorni nel 1967. Hanan Porat, destinato a diventare uno dei leader del Gush Emunim, il movimento dei coloni, chiese ed ottenne dal premier Eshkol il permesso di ridare vita all’insediamento religioso di Kfar Etzion distrutto dall’esercito giordano nel 1948. Una sorta di luogo santo per la corrente religiosa e messianica del sionismo. Un compagno di Porat, Moshe Levinger, poco dopo si insediò con un manipolo di seguaci dentro Hebron. Da allora è stata una immensa colata di cemento, prima favorita dai laburisti e poi intensificata dalla destra guidata da Menachem Begin. E non si è mai più fermata. 52 anni dopo, 600mila coloni vivono in circa 150 insediamenti ufficiali e in decine di avamposti sparsi tra Cisgiordania e Gerusalemme Est. Una presenza che ha ucciso la soluzione a Due Stati e l’idea di uno Stato palestinese sovrano.

Netanyahu è apparso commosso mentre a Gush Etzion spiegava che il passo dell’Amministrazione «rimarrà per generazioni…Ringrazio il presidente Trump e il Segretario di Stato Pompeo. Questo è un grande giorno per lo Stato di Israele». Anche queste mosse, come il riconoscimento Usa due anni fa, di Gerusalemme come capitale di Israele e qualche mese fa della sovranità israeliana sul Golan siriano, sono state ampiamente coordinate tra la Casa Bianca e il governo Netanyahu. Trump sa che la «legalizzazione» delle colonie ebraiche gli garantirà i voti dei collegi elettorali pro-israeliani e dei cristiani evangelici. E ha dato un aiuto a Netanyahu che sta combattendo per la sua sopravvivenza politica ed è alle prese con trattative convulse per raggiungere un accordo con il rivale Benny Gantz che partorisca un governo di unità nazionale che lo lasci ancora nella stanza dei bottoni dalla quale non vuole essere cacciato via.

La «comunità internazionale» ha reagito al passo unilaterale degli Usa. L’Ue e l’Onu ribadiscono che la posizione non cambia: «gli insediamenti sono illegali». La Turchia spiega che la linea di Trump non ha validità e che «nessun Paese è al di sopra della legge». Netta l’opposizione della Lega araba – che ha denunciato «uno sviluppo estremamente avverso» – così come di Egitto e Giordania, gli unici due paesi arabi che hanno firmato un trattato di pace con Israele. La Russia si dice preoccupata. E una condanna naturalmente è arrivata anche dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) con il segretario generale Saeb Erekat che ha annunciato iniziative nell’ambito dell’Onu per opporsi alla «legge della giungla».

Ma per i palestinesi è sempre più dura. Sanno di essere soli, di essere stati abbandonati e che alle condanne di queste ore non seguiranno atti concreti. D’altronde il solo parlare di “svolta” nella politica Usa in Medio oriente è fuorviante. Per decenni le Amministrazioni americane   hanno accettato la colonizzazione israeliana limitandosi a qualche protesta rituale. Trump ha reso ufficiale quello che Washington ha sempre fatto: lasciare solo alle corti israeliane decidere lo status delle colonie. E più o meno lo stesso ha fatto l’Ue, sebbene di recente abbia imposto una etichettatura diversa dal Made in Israel per i prodotti delle colonie israeliane diretti verso i mercati europei.

* Fonte: Michele Giorgio, il manifesto



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