La corte Ue dà ragione all’indipendentista e ordina alla Spagna: «Liberate Junqueras»

by Luca Tancredi Barone * | 20 Dicembre 2019 8:54

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BARCELLONA. Il segretario di Esquerra Republicana, Oriol Junqueras, condannato a 13 anni di carcere, è eurodeputato a tutti gli effetti e dal 13 giugno avrebbe dovuto godere dell’immunità parlamentare. La Corte europea di giustizia del Lussemburgo è schietta: il Tribunale Supremo spagnolo avrebbe dovuto permetter al leader indipendentista, allora in carcere preventivo, di prendere possesso del suo seggio e liberarlo in quanto protetto dall’immunità. Non aver seguito il procedimento formale previsto da uno stato membro – nel caso spagnolo, recarsi al Congresso e giurare sulla costituzione – non inficia la sostanza: Junqueras è stato regolarmente eletto e nel momento in cui la giunta elettorale spagnola lo ha dichiarato eletto, il 13 giugno, il suo status di europarlamentare è immediatamente vigente.

La vittoria per il leader indipendentista in carcere da più di due anni è piena: il problema è che però nel frattempo il Tribunale supremo l’ha dichiarato colpevole. Ora la palla torna a Madrid: la sentenza è la risposta a una richiesta dello stesso Tribunale supremo che allora decise che prima di prendere in considerazione il ricorso della difesa del politico incarcerato, che chiedeva il permesso di recarsi a prendere possesso del seggio, avrebbe chiesto lumi all’istanza superiore. Ora deve decidere il da farsi: in teoria potrebbe liberarlo e poi chiedere autorizzazione al Parlamento europeo per incarcerarlo, poiché c’è già una sentenza definitiva, ma nessuno crede che Junqueras venga liberato. Anche se a rigore in queste condizioni la sentenza dovrebbe essere nulla: ed è questo che chiedono al Supremo le difese del leader repubblicano.

Chi invece trarrà vantaggio dalla sentenza sono altri tre politici, in questo caso in esilio: l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, il suo ex ministro Toni Comín (entrambi a Bruxelles, ed entrambi eletti) e, non appena il Regno Unito uscirà dalla Ue, Clara Ponsatí, anche lei ex ministra, anche lei nelle liste europee, ma che otterrà un seggio quando la Spagna passerà da una rappresentanza di 54 a 59 eurodeputati. Ponsatí vive a Edimburgo.

Su Puigdemont e Comín pende un mandato di cattura europeo su richiesta dei magistrati spagnoli, su cui la giustizia belga si esprimerà a gennaio (in precedenza, la giustizia belga e la giustizia tedesca avevano respinto la richiesta). Nel momento in cui dovesse essere annullato, in linea di massima dovrebbero poter prendere possesso del proprio seggio.
Il presidente dell’Eurocamera David Sassoli ha chiesto alle autorità spagnole di rispettare la sentenza e ha incaricato i servizi giuridici di valutare l’inedita situazione legale e determinare «la possibile applicazione della sentenza nella composizione» del parlamento. Oggi è l’ultimo giorno di lavori per l’europarlamento, che chiude i battenti fino a gennaio, quando la questione si dovrà dirimere.

La sentenza, una vittoria morale e politica per i repubblicani, come previsto è caduta in pieno nel difficile negoziato che Esquerra Republicana sta portando avanti coi socialisti, e a due giorni dal congresso. In più, sempre ieri, l’attuale presidente catalano Quim Torra ha ricevuto l’altra attesa sentenza, stavolta da un Tribunale spagnolo: è stato interdetto dai pubblici uffici per un anno e mezzo per non aver fatto applicare una decisione della giunta elettorale durante le elezioni di aprile. Torra si era rifiutato di staccare un cartello in appoggio ai prigionieri politici (fra cui, appunto, lo stesso Junqueras). Il president ricorrerà anche se la sua fiducia nella giustizia spagnola «è nulla».

In teoria, dicono da Esquerra, la sentenza lussemburghese non ha nessun effetto sui negoziati: «Si deve applicare e basta, non fa parte di nessuno scambio». Però tutti sanno che non è così: tanto che la stessa Erc ieri sera ha fatto sapere che sospenderà le trattative fino a quando non verrà chiarita la posizione del Psoe e dell’Avvocatura dello stato (che dipende dal governo): tutte le parti, accuse e difese, devono fissare una posizione perché il Supremo possa prendere una decisione in base alla sentenza europea. La Pubblica accusa si è già detta contraria alla scarcerazione, chiesta dalla difesa. L’Avvocatura ha 5 giorni per decidere. Che il Psoe si esprima, dice Marta Villalba, negoziatrice di Esquerra, «è molto importante per evidenziare che abbandonano il cammino della giudizializzazione e intraprendono la via politica». Vada come vada, Junqueras prepara il prossimo passo: il Tribunale europeo dei diritti umani di Strasburgo.

* Fonte: Luca Tancredi Barone, il manifesto[1]

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