Riforma previdenziale in Francia, costretto alle dimissioni l’alto commissario

by Anna Maria Merlo * | 17 Dicembre 2019 18:01

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PARIGI. Oggi nuova giornata di manifestazioni in Francia contro la riforma delle pensioni. Per questo terzo appuntamento di cortei dal 5 dicembre, tutti i sindacati saranno in piazza, anche se sfileranno separati. La Cfdt riformista, che è favorevole alla pensione universale a punti perché la considera più equa e conforme alla nuova situazione demografica e del lavoro, protesta perché il primo ministro, Edouard Philippe, ha voluto approfittare della legge per introdurre nel nuovo sistema anche la questione dell’equilibrio economico, stabilendo un’età-cardine a 64 anni, cioè due anni dopo l’età legale, che resta a 62 anni (permette di andare in pensione, ma con un malus). A pochi giorni dall’inizio delle vacanze di Natale, il governo spera in un rovesciamento dell’opinione pubblica, di fronte al caos che continua nei trasporti. I sondaggi restano contraddittori: il 65% approva l’introduzione di un sistema universale (che mette fine ai regimi speciali), ma il 54% è contro una transizione da avviare già nel 2025 (per chi è nato dopo il 1975) e il 63% si oppone all’età di equilibrio a 64 anni. Il 72% pensa che il governo terrà duro e le opinioni favorevoli a Emmanuel Macron, pur basse (34%) sono in aumento di un punto.

In questo contesto, ieri mattina, si è dimesso l’alto commissario per le pensioni, Jean-Paul Delevoye, che da 18 mesi ha trattato con i sindacati, preparato e gestito la riforma. La sua posizione era estremamente imbarazzante, dopo le rivelazioni, giorno dopo giorno, sulle sue attività “collaterali”: l’alto commissario, che nella sua lunga carriera era vicino a Jacques Chirac, aveva “dimenticato” di dichiarare all’autorità sui conflitti di interesse di ricoprire ben 13 cariche diverse, 11 a titolo gratuito ma due ben remunerate (cosa anticostituzionale per un ministro). Tra queste, persino un posto di consulente all’Ifpass, un istituto di formazione delle assicurazioni, che sono sospettate dagli oppositori della riforma di essere interessate ai cambiamenti in corso per poter vendere i fondi pensione, a cui potrebbero essere costretti a rivolgersi i lavoratori che temono un calo del valore del “punto”. Inoltre, Delevoye aveva una carica anche alla Fondation Sncf, mentre le ferrovie sono al centro della riforma con la soppressione del regime speciale dei ferrovieri.Il governo era nell’imbarazzo da giorni, ma molti ministri erano scesi in campo in servizio comandato per difendere l’alto commissario. «La buona fede di Jean-Paul Delevoye è totale» ha ancora detto domenica il primo ministro, Edouard Philippe (senza spiegare come mai non siano stati fatti controlli preventivi). Ieri, l’Eliseo si è limitato ad esprimere «dispiacimento». L’opposizione, che da giorni chiedeva le dimissioni, vede «una prima vittoria». Per il Ps, «era ora». Jean-Luc Mélenchon considera che dopo Delevoye adesso «devono arrivare anche le dimissioni del progetto di riforma». Marine Le Pen, che considerava l’alto commissario «totalmente squalificato», ieri ha tuonato: «I francesi devono ricordarsi che tutta la macronia ha difeso un uomo colpevole». La République en Marche si limita a sottolineare che «nessuno gli toglierà il merito di aver concepito la riforma più giusta e protettrice in Francia dal 1945». Per la Cgt Delevoye non era «credibile, quando si hanno così tante implicazioni con le assicurazioni». La Cfdt ricorda la «lealtà» di Delevoye nei negoziati, come Force Ouvrière e l’Unsa, che spera che il successore «abbia le stesse conoscenze tecniche».

Non sarà facile per il governo trovare un successore altrettanto esperto. I tempi stringono, perché ci deve essere qualcuno a difendere la legge durante la discussione in Parlamento, a febbraio.

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]

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