Francia, La polizia violenta «imbarazza» Macron

by Anna Maria Merlo * | 17 Gennaio 2020 18:15

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Il governo è con le spalle al muro a causa delle violenze degli agenti, il presidente costretto a rompere il silenzio, anche il governo cambia atteggiamento

PARIGI. Sesta giornata di manifestazioni, ieri, in tutta la Francia e 43esimo giorno di sciopero contro la riforma delle pensioni. L’obiettivo della più lunga protesta del dopoguerra resta “il ritiro” della pensione a punti, contestata da Cgt, Fo, Solidaires, Fsu, Cge. Oltre alle ferrovie e al trasporto pubblico parigino, restano molto mobilitati gli insegnanti.

Ieri i principali porti erano ancora bloccati e c’era agitazione anche nelle raffinerie. Al di là dei dipendenti pubblici, gli avvocati continuano la protesta. Ma la partecipazione ai cortei è in calo, anche se Philippe Martinez, segretario della Cgt, invita altre categorie ad «entrare nel movimento». La popolazione continua a sostenere la protesta con buone percentuali, di fronte alla confusione generale della riforma, anche se si diffonde sempre più la rassegnazione (per il 72% il governo non cederà).

Il governo, che ha concesso una sospensione della clausola dell’età d’equilibrio a 64 anni per venire incontro a una domanda della Cfdt, usa la tattica dell’attesa, puntando sulla stanchezza dei manifestanti. La legge sarà adottata in Consiglio dei ministri il 24 gennaio (per quel giorno è già convocata un’altra giornata di cortei) e poi il testo passerà all’esame del Parlamento, per un’adozione tra qualche mese. Nel frattempo, il governo ha aperto un tavolo di trattative con sindacati e padronato, perché venga trovata una soluzione per “l’equilibrio” dei conti delle pensioni (per evitare di alzare l’età pensionabile da 62 a 64 anni, senza penalità). In questa trattativa dovrebbero anche venire discussi i criteri per tener conto dei “lavori usuranti” in certe professioni, al di là delle concessioni già fatte dal governo.

Nel corteo parigino, da Montparnasse a Place d’Italie, erano presenti molti gilet gialli, con lo slogan «Macron dimissioni», senza una vera fusione però con i militanti sindacali. A Parigi, qualche liceo è sceso in agitazione.

Ma per il primo ministro, Edouard Philippe, «è ora di mettere fine» allo sciopero, che «è durato fin troppo».

Il governo è stato messo con le spalle al muro a causa delle violenze della polizia, che risultano da numerosi video. In 14 mesi, prima i gilet gialli poi i sindacati, ci sono stati 2.448 feriti tra i manifestanti (e 1.742 poliziotti), con 318 feriti alla testa, 25 persone che hanno perso un occhio e 5 una mano. La violenza della repressione è stata condannata dal Consiglio d’Europa e dall’Onu.

In seguito a un controllo stradale a Parigi, all’inizio di gennaio è morto un padre di 5 figli, Cédric Chouviat, immobilizzato a terra con un metodo contestato nel mondo. Come l’uso indiscriminato delle Lbd nelle manifestazioni, le pallottole di gomma, proibite in molti paesi e per di più in Francia date in mano a poliziotti impreparati. È stato lo sgambetto a una manifestante a Tolosa all’inizio della settimana, che ha mostrato chiaramente un’aggressione senza scuse, ad aver costretto il potere a prendere le distanze dalla violenza della polizia. «Mi aspetto da poliziotti e gendarmi la più grande deontologia», ha affermato Emmanuel Macron, indicando i «comportamenti inaccettabili» di alcuni agenti delle forze dell’ordine. Il ministro degli Interni, Christophe Castaner, che finora aveva sempre giustificato i poliziotti che reagirebbero alla violenza dei manifestanti, ha invitato la polizia all’«esemplarità», perché «non si fa uno sgambetto all’etica».

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]

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