Green Deal. Voto al parlamento: un passo avanti dell’Europa per il clima
Sale al 55% l’obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2030, bocciato l’emendamento delle destre per salvare l’energia nucleare
Il Green Deal europeo ha fatto ieri un importante passo avanti, istituzionale e dal punto di vista del cambiamento progressivo delle mentalità, con l’approvazione del Parlamento europeo a larga maggioranza (482 sì, 136 no e 95 astensioni), persino con qualche miglioramento rispetto al testo proposto dalla Commissione. L’iter però non è finito qui, toccherà al Consiglio (gli stati) entrare nei dettagli, soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti, e qui tensioni e divisioni rischiano di prendere il sopravvento. Ma ieri è stata approvato con un’ampia maggioranza un metodo che prevede che tutte le politiche della Ue dovranno essere analizzate alla luce dell’ambizione climatica e che tutte le propose di legge dovranno venire modificate per rispettare gli obiettivi del Green Deal.
Soddisfazione di Pascal Canfin (Renew Europe), presidente della Commissione ambiente dell’Europarlamento: «Il Parlamento ha sostenuto con un’ampia maggioranza la proposta della Commissione sul Green Deal europeo e si felicita che al centro dell’azione ci sia la coerenza di tutte le politiche della Ue con gli obiettivi del Green Deal. Sull’agricoltura, la politica commerciale, la governance economica, tutti questi soggetti devono ora essere visti e analizzati alla luce del Green Deal». Con un emendamento dei Verdi, è stata migliorata la proposta della Commissione, che fa salire al 55% l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nella Ue entro il 2030. L’obiettivo è avere una “clausola 2050”, cioè per la neutralità climatica, da rispettare in ogni decisione.Inoltre, l’Europarlamento chiede che venga introdotto un meccanismo di aggiustamento alle frontiere della Ue, compatibile con le norme della Wto, per rispettare gli obiettivi del programma di riduzione delle emissioni a effetto serra (per non “importare” inquinamento, evitando però di venire accusati di protezionismo mascherato).
Qualche insoddisfazione nel gruppo S&D, che avrebbe voluto di più, ha sostenuto la portavoce Iratxe Garcia: «Se la Ue vuole veramente ridurre le emissioni ad effetto serra e raggiungere la neutralità carbone nel 2050 deve prevedere dei finanziamenti all’altezza delle ambizioni. Mille miliardi in 10 anni sono assolutamente insufficienti. La Commissione ne è cosciente». I socialisti insistono sulla necessità della “regola d’oro”: «Estrarre gli investimenti durevoli dal calcolo dei deficit nazionali». Inoltre, chiedono garanzie per uno «zoccolo sociale forte, che comprenda misure per facilitare l’adattamento delle persone e delle regioni» alla transizione, con «garanzie su posti di lavoro di qualità con salari equi»: è la lezione del movimento dei gilet gialli, la rivolta accesa dalla scintilla dell’aumento del prezzo della benzina, senza contropartite per chi ne veniva penalizzato.
I 1.000 miliardi sono un’addizione di finanziamenti già esistenti e di “effetto leva” sperato (il 50% dal budget europeo, più partecipazione di InvestEu, Bei e Fondo di transizione giusta). Non è ancora chiaro se la scelta sarà di dare molti soldi per pochi progetti o pochi soldi per molti progetti. Per ora c’è già battaglia per i soli soldi “nuovi”, indicati dalla presidente Ursula von der Leyen martedì, i 7,5 miliardi del Fondo per una giusta transizione.
Intanto, Germania e Olanda hanno già fatto sapere che non vogliono un aumento del budget Ue a favore del clima.
La spartizione è già iniziata: il grande beneficiario dovrebbe essere la Polonia, con 2 miliardi, sempre che Varsavia firmi il Green Deal (cosa che aveva rifiutato di fare al Consiglio europeo di dicembre) e che non sia condannata per il non rispetto dello stato di diritto (art.7, procedura che riguarda anche l’Ungheria). A sorpresa, segue la Germania, con 877 milioni (alcuni dicono: Berlino ne ha veramente bisogno, con un budget nazionale in attivo di 13 miliardi?). Poi, Romania (757 milioni), Repubblica ceca (581) fino al Lussemburgo, ultimo della lista con 4 milioni, passando per l’Irlanda (30 milioni) e l’Estonia (125). L’Italia dovrebbe ottenere 364 milioni (ma ne pagherà più del doppio), la Spagna 307. La Francia 400. Ma Parigi ieri ha dovuto incassare la bocciatura di un emendamento (votato dalle destre) che voleva stabilire che gas e nucleare «possono svolgere un ruolo nel conseguimento degli obiettivi» del Green Deal, in quanto energie «pulite».
* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto
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