Roma, scuola di classe: «Qui l’alta borghesia, lì i figli dei poveri»
Il testo, poi corretto, apparso sul sito dell’Istituto Comprensivo Via Trionfale 7333 a Roma«La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono, infatti, alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il Plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana – si legge sul sito della scuola – il plesso di via Vallombrosa, sulla via Cortina d’Ampezzo, accoglie, invece, prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)». PRIMA di essere cambiata, a seguito della pubblicazione della notizia sul quotidiano Leggo e di una bufera di polemiche, era questa la descrizione online delle caratteristiche economico-sociali degli studenti che frequentano l’Istituto comprensivo di via Trionfale 7333 a Roma.
CONTRO LE ACCUSE di classismo ha reagito il consiglio di istituto che in un comunicato ha voluto sottolineare la volontà di non discriminare gli studenti. Era «una mera descrizione socio economica del territorio». Una descrizione classista che è stata modificata per rimuovere «le definizioni interpretate in maniera discriminatoria». «La scuola dovrebbe sempre operare per favorire l’inclusione. Descrivere e pubblicare la propria popolazione scolastica per censo non ha senso» ha detto la neo-ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5S). «Sconcertato» si è detto il sottosegretario all’istruzione Peppe De Cristofaro (LeU) che ha chiesto la rimozione della descrizione dal sito della scuola. «È intollerabile che gli studenti vengano suddivisi per censo» ha scritto in un tweet la sindaca Virginia Raggi (M5S). «Concezioni che sono in contrasto non solo con i valori della nostra Costituzione» hanno sostenuto i senatori del movimento 5 Stelle in Commissione Istruzione.
I SINDACATI della scuola hanno contestualizzato l’episodio nella cornice delle riforme scolastiche che negli ultimi vent’anni hanno trasformato gli istituti secondo i dogmi della pedagogia neoliberista, della valutazione e della concorrenza. «È stato l’esempio lampante di ciò a cui può portare la cattiva gestione dei dati al fine di trasformare l’orientamento scolastico in una ricerca di affermazione sul mercato dell’istruzione, conseguenza di una deleteria cultura liberista» sostiene la Flc Cgil. Il sindacato mette in discussione il sistema delle «Scuole in Chiaro» che pretende l’uso anche dei dati delle prove Invalsi e il «rapporto di autovalutazione». «Non è un aiuto per le famiglie, ma la forma più perversa e deleteria di benchmarking», il parametro di riferimento che stabilisce lo standard con cui rapportarsi. Questa tecnica di comparazione tra aziende per superare la concorrenza è stato definito da Robert Camp, per conto della Xerox Corporation, alla fine degli anni Settanta. Grazie alle riforme di «centro-sinistra» e «centro-destra» tra il 2000 e il 2010 questa ed altre tecniche manageriali, logistiche e dell’organizzazione d’impresa sono state adattate anche alla scuola in Italia.
LA MALDESTRA descrizione su un sito va dunque interpretata come l’effetto di una programmata trasformazione della scuola e del suo significato sociale. «Sono decenni – ha detto Pino Turi della Uil-Scuola – che si trascura la scuola e le si impongono modelli neo liberisti, parametri che sono diventati riferimenti sociali e politici dominanti. Si sta determinando una mutazione genetica della scuola e dell’istruzione, iniziata con la politica del contenimento della spesa, seguita dalla chimera delle riforme a costo zero. Il primato dei diritti e dei valori costituzionalmente garantiti è stato gettato all’ultimo posto, per lasciare posto a statistiche e graduatorie – aggiunge Turi – Come ci si può meravigliare se l’unico metro di misura è il profitto il denaro, il reddito e la scuola diventa un supermercato in cui esibirlo e spenderlo, accontentare i clienti?».
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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