Time to care. Il nuovo rapporto Oxfam sulle diseguaglianze

Time to care. Il nuovo rapporto Oxfam sulle diseguaglianze

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Senza uguali. La ricchezza di 2.153 miliardari è oggi pari a quella del 60% di tutta la popolazione

Quando guarderemo indietro al 2020 ricorderemo il mondo organizzato come una piramide. Alla base c’erano 3,8 miliardi di persone poverissime, il cui reddito non superava l’1% della ricchezza planetaria. Il vertice era stato occupato da un commando di 2.153 super-miliardari che detenevano la stessa ricchezza detenuta da 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione mondiale. Era il tempo in cui il 46% di persone viveva con meno di 5,50 dollari al giorno, mentre chi continuava a lavorare nei paesi del capitalismo occidentale diventava sempre più povero. C’è un’immagine della miniera inferno scattata da Sebastião Salgado a Serra Pelada in Amazzonia che può dare un’idea più precisa. Migliaia di minatori lottano contro il fango per risalire il cratere della miseria in cui sono sprofondate. Una moltitudine di miserabili che cercano di risalire dal fango arrampicando scale di fortuna, mentre la vetta si allontana sempre di più. Ricordiamo questa immagine: è il capitalismo del XXI secolo.

È QUESTO IL MONDO rappresentato in «Time to care – Aver cura di noi», il nuovo rapporto sulle diseguaglianze sociali ed economiche pubblicato ieri da Oxfam alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos. È il mondo che sfrutta i molti e mette ricchezze eccessive nelle tasche di pochi ricchi. È il mondo dove il potere economico è detenuto dagli uomini, la cui ricchezza cresce indipendentemente dal fatto che il valore che aggiungono alla società corrisponde alla ricchezza che accumulano.

QUESTO CAPITALISMO è «sessista e sfruttatore» si legge nel rapporto. Il dominio di classe e quello patriarcale sono fondati sullo sfruttamento del lavoro di cura non retribuito delle donne alle quali il rapporto Oxfam dedica un significativo approfondimento. Questo lavoro consiste nel prendersi cura dei bambini, dei malati e degli anziani, svolgere la maggior parte del lavoro domestico, lavorare precariamente ed essere tra l’altro soggette alla violenza sociale e a quella in famiglia. Le donne lavorano ogni giorno 12,5 miliardi e mezzo di ore senza retribuzione o riconoscimento, e dedicano innumerevoli ore in più a un lavoro di assistenza professionale sottopagato. Oxfam ha provato anche a ipotizzare un valore possibile di queste ore: almeno 10,8 trilioni di dollari all’anno, tre volte le dimensioni dell’industria tecnologica mondiale. Sono approssimazioni, utili per dare l’idea dell’eccesso e della sproporzione del potere attuale. La situazione può essere descritta in termini marxiani, oggi diffusi anche nelle analisi del lavoro di cura: il lavoro di cura è essenziale alla creazione del valore, ma la forza lavoro che lo produce è invisibile. Inoltre le vite e gli stili di vita dei super-ricchi dipendono dalla sua attività. «Questo lavoro non permette di liberare tempo, energie e risorse per poter accedere ad un lavoro retribuito, incide sul tasso di frequenza scolastica delle donne e delle giovani ragazze», sostiene Misha Maslennikov, policy advisor di Oxfam. Il rapporto si concentra sul continente africano, soprattutto l’Africa subsahariana, ma è chiaro che si sta parlando di un rapporto di potere costitutivo del capitalismo oggi.

IL RAPPORTO formula una critica del «predominio dell’economia neoliberale» fondata sulla deregolamentazione e sulla riduzione della spesa pubblica, mentre assiste complice e impotente alla creazione di monopoli sempre più grandi nei settori del cibo, della farmaceutica, dei media, finanza e tecnologia. La scelta di campo è netta: «Questi monopoli, e i ricchi azionisti che li sostengono, sono responsabili dell’accelerazione della disuguaglianza economica – si legge – Permettono a queste società, e agli azionisti, di estrarre profitti dal mercato e di condividerli tra loro. Questo alimenta direttamente l’accumulo di ricchezza per pochi, a spese dei cittadini comuni, rendendo ancora più difficile la riduzione della povertà». Circa un terzo della ricchezza miliardaria proviene dall’eredità. Alcuni individui come il presidente Usa Trump ereditano miliardi di dollari.

LA RICCHEZZA EREDITARIA ha creato una nuova aristocrazia che rafforza un potere tramandato da generazioni. I super-ricchi usano il patrimonio anche per pagare meno tasse, impiegando eserciti di consulenti specializzati nell’elusione e nell’evasione fiscale.

«UN MILIARDARIO è un fallimento politico». Costruire una società più giusta, libera dalla povertà estrema, richiede la fine della ricchezza estrema, precisa Oxfam. Dal punto di vista di una critica dell’economia politica, il fallimento per una società coincide con il successo del Capitale. Restiamo nell’esigente attesa del tempo in cui «la parte di redentrice delle generazioni future», di cui parlava Walter Benjamin nelle sue tesi sulla filosofia della storia, sarà di nuovo interpretata dagli sfruttati e dagli oppressi. E sarà più facile immaginare la fine del capitalismo, e non quella del pianeta.

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Oxfam, diritti e tutele contro un lavoro da fame in Italia

Il rapporto. «Disuguitalia», un focus che accompagna il rapporto «Time to care- Avere cura di noi», presentato da Oxfam alla vigilia del vertice di Davos, un’analisi realistica del futuro del lavoro sempre più precario nell’economia dei lavoretti. La condizione del lavoro di cura e la necessità di investire nell’istruzione. Elisa Bacciotti (Oxfam Italia): “Sono urgenti politiche fiscali e di spesa pubblica le risorse necessarie per liberare le donne e contrastare disuguaglianza e povertà”

Un «paese bloccato» dove «le diseguaglianze si perpetuano» da una generazione all’altra. In Italia, a metà 2019, la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco superava la quota del 70% più povero. «Ci vorrebbero – si legge in «Disuguitalia», un focus che accompagna il rapporto «Time to care- Avere cura di noi», presentato da Oxfam alla vigilia del vertice di Davos – Cinque generazioni per i discendenti del 10% più povero per arrivare a percepire il reddito medio nazionale».
In questa società rovesciata un terzo dei figli di genitori più poveri, sotto il profilo patrimoniale, è destinato a rimanere fermo al piano più basso (quello in cui si colloca il 20% più povero della popolazione), mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco, continuerà a mantenere una posizione apicale.

È stata frantumata quella che per un paio di generazioni è stata considerata la centralità sociale del lavoro salariato a cui è stato anche attribuito il ruolo di «ascensore sociale». Chi tra i più giovani, e tra i meno giovani, si avventura oggi nel «mercato del lavoro» ambendo legittimamente a un lavoro qualificato, è costretto ad affrontare le conseguenze di un’organizzazione profondamente ingiusta e diseguale. A partire dal reddito miserabile che è possibile ottenere da un’attività lavorativa che non corrisponde più all’immagine tramandata anche all’ultima generazione. Secondo Oxfam il 30% dei giovani occupati guadagna oggi meno di 800 euro lordi al mese.

Per Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia, questa situazione è rappresentabile attraverso la cosiddetta «economia dei lavoretti» [Gig Economy]: «Queste persone – dice a Il Manifesto – guadagnano un nulla in un’economia che è fondata sul precariato dei lavori sottopagati e frammentati. In questa economia i livelli occupazionali registrati dalle statistiche sembrano in aumento, ma le occupazioni mappate con i criteri stabiliti alcuni anni fa sono molto più povere e non producono reddito. È necessario rimettere al centro la dignità dei lavoratori, maggiore tutela contrattuale e il diritto alla retribuzione».

Oltre Il 13% degli under29 italiani versa in condizione di povertà lavorativa. «Tanti, troppi giovani non studiano né lavorano, lavorano per una paga risibile, meditano di partire in cerca di un futuro migliore». Il cuore del problema è la scuola e l’istruzione. «L’abbandono scolastico – continua Bacciotti – incide tanto sulle diseguaglianze di reddito, quanto sulle opportunità di vita. Bisogna tornare a investire con decisione sul sistema di educazione pubblica che non vuole dire solo sulle aule e sugli insegnanti nei cicli obbligatori di istruzione, ma anche nei servizi di orientamento e di contrasto dell’abbandono negli anni ponte, nel passaggio da un ciclo di studi all’altro. Si investe in maniera frammentata sull’orientamento e sulla transizione tra scuola e lavoro. Questa è un’altra radice della diseguaglianza».

Nel 2018 in Italia l’11,1% delle donne non mai avuto un impiego per prendersi cura dei figli. è un dato superiore alla media europea (3,7%), mentre quasi una madre su due tra i 18 e i 64 anni (il 38,2%) con i figli under 15 è stata costretta a modificare il rapporto tra vita professionale e familiare per conciliare il lavoro. È una quota superiore di oltre tre volte a quella degli uomini.

Quanto al lavoro di cura non retribuito, oggetto di analisi del rapporto di quest’anno, va considerato come una parte della domanda di un lavoro sempre meno retribuiti o sottopagati che è destinata a crescere nel prossimo decennio.
Come i rider, anche le lavoratrici e i lavoratori della cura sono considerati nella vasta platea di queste attività. «Entro il 2030 2,3 miliardi di persone avranno bisogno di assistenza, 200 milioni in più dal 2015 – osserva Bacciotti – È urgente che i governi reperiscano tramite politiche fiscali e di spesa pubblica le risorse necessarie per liberare le donne e contrastare disuguaglianza e povertà.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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