Brexit. Scattato il B Day, ora cominciano undici mesi di negoziati

by Anna Maria Merlo * | 1 Febbraio 2020 9:16

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Il B Day è arrivato, da mezzanotte la Gran Bretagna è uscita dalla Ue ed è diventata “paese terzo”. I soli cambiamenti per il momento sono istituzionali: i 73 eurodeputati britannici hanno lasciato i seggi, la Gran Bretagna non partecipa più al Consiglio (e già non ha un commissario nella nuova Commissione), cioè è ormai fuori da ogni decisione europea. Ieri, un’ultima cerimonia, molto sobria, ha messo fine a Bruxelles a 47 anni di membership britannica.

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha insistito sugli obiettivi Ue: «Vogliamo la migliore partnership con la Gran Bretagna, ma è chiaro che ci sarà sempre una differenza – ha precisato – appartenere alla Ue conta». Per la presidente «l’esperienza ci ha insegnato che la forza non risiede in uno splendido isolamento ma nella nostra unione» unica al mondo. Il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, si è chiesto «come mai tutti vogliono dividere la Ue?». Per Sassoli, ci sono forze che «vogliono rendere più fragile la Ue» perché «siamo il più importante spazio economico al mondo, ma abbiamo una fissazione, questa dimensione la vogliamo regolata», perché «con le regole si vive meglio e si difendono anche i più deboli», mentre «senza regole prevalgono i più forti». Dopo una separazione ordinata, inizia la trafila dei negoziati per stabilire la “relazione futura”, che dovrebbe concludersi dopo il periodo di transizione il 31 dicembre 2020, anche se visti i tempi stretti resta il rischio di un hard Brexit a fine anno. Il 3 febbraio la Commissione adotta e presenta al Consiglio un progetto di direttiva per inquadrare il negoziato e lo stesso giorno il negoziatore dell’Unione, Michel Barnier, ne preciserà i termini in una conferenza stampa.

In Francia, Emmanuel Macron ha parlato di «avvenimento triste e storico», che lancia «un segnale d’allarme» a tutti, è «la prima volta in 70 anni che un paese lascia», sull’onda di «menzogne, esagerazioni, semplificazioni». Macron spera in una futura «partnership la più solida possibile», anche se la Gran Bretagna «non avendo più gli stessi doveri, non avrà più stessi diritti», ma la relazione bilaterale resterà «forte», nella difesa, nella scienza e nella cultura.

Adesso iniziano undici mesi cruciali. La Ue vorrebbe arrivare a fine anno a un accordo globale, ma visti i tempi stretti non esclude un ripiego su una serie di accordi paralleli e parziali, per evitare di precipitare dalla scogliera con un no deal. Il premier Boris Johnson per il momento ha escluso di chiedere un rinvio della data finale del 31 dicembre, anche se ha la possibilità di presentare una richiesta entro il 1° luglio. L’obiettivo Ue è di stabilire un accordo senza dazi doganali né quote, evitando un dumping sociale e ambientale alle porte, oltre che una Singapore on Thames finanziaria. La Ue deve anche mantenere nel periodo di transizione l’unità che è riuscita a non incrinare nei quasi tre anni di negoziato con Londra dopo il referendum della Brexit del giugno 2016.

L’effetto della Brexit si farà sentire fortemente nell’imminente discussione a 27 sul bilancio pluriennale della Ue per il 2021-27. La Gran Bretagna era il secondo contribuente netto (dopo la Germania), il Brexit causa un “buco” nel bilancio di 12 miliardi di euro, più o meno il 10% del budget, che dovrà o essere colmato da un aumento dei finanziamenti degli altri oppure da tagli ai programmi. Sembra che Boris Johnson abbia come preferenza di seguire il “modello Canada” per la relazione futura, cioè senza diritti doganali per gran parte degli scambi commerciali, con qualche eccezione, un avvicinamento delle norme, un’apertura relativa dei mercati pubblici e un meccanismo per il regolamento di eventuali contese tra investitori e stati.

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]

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