Istat. Crisi dell’industria: -1,3%, il calo più forte dal 2013

by Mario Pierro * | 11 Febbraio 2020 11:03

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Il peggiore calo della produzione industriale dal 2014 si è abbattuto ieri su un governo indebolito dalle tensioni interne sulla prescrizione e ancora in attesa di dare un volto a promesse e annunci sugli investimenti. Secondo l’Istat il calo nel 2019 è stato dell’1,3% in media rispetto al 2018, quando si era registrata una crescita dello 0,6%. È la prima diminuzione dal 2014, quella più ampia dal 2013. A dicembre, la produzione ha segnato un -2,7% rispetto a novembre, segnando il calo più forte dal gennaio 2018. Su base annua la diminuzione è del 4,3%. E nel quarto trimestre dello scorso anno la flessione è dell’1,4%, la più marcata dal 2012. Tra i settori che hanno subìto le maggiori flessioni ’è quello dell’auto: meno 13,9%. È il ribasso più forte dal 2012. I settori che sono andati meglio sono la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+5,3%), l’industria alimentare, bevande e tabacco (+2,9%). «Il calo è stato più marcato negli ultimi tre mesi dell’anno» ha confermato l’Istat. La flessione del quarto trimestre 2019 segue quelle del secondo e del terzo trimestre. Applicando gli standard del Pil alla produzione industriale si potrebbe dire che il settore sta attraversando una fase di «recessione». In ogni caso il Pil sta calando a vista d’occhio: per il 2020 è dato allo 0,2%, anche per effetto dell’andamento dell’industria. E il calo può continuare.

SULL’ANDAMENTO ha influito il crollo dell’industria manifatturiera tedesca nello stesso periodo. Com’è noto una parte cospicua e influente dell’industria italiana del centro-Nord è subfornitrice del capitalismo tedesco. A dicembre 2019 la produzione tedesca è scesa del 3,5% rispetto al mese precedente, pari a un -6,8% su base annua. Non accadeva dal gennaio 2009, nel pieno della crisi finanziaria globale. Questa situazione può avere influito sui dati della produzione italiana. Ma il fenomeno è continentale e riguarda anche la Francia: meno 2,8% rispetto a novembre e meno 3% nei confronti dello stesso mese del 2018. L’andamento sembra essere attribuito agli scioperi contro la riforma pensionistica di Macron. Se fosse così, sarebbe la dimostrazione materiale che uno sciopero può fare male. E, nel caso, può produrre anche risultati. È probabile che le cause di questo calo siano dovute a una situazione congiunturale ampia. Nella crisi italiana ci sono anche fattori strutturali endogeni. «Il sistema sta perdendo pezzi strutturali e continua ad arretrare a causa di una congiuntura amplificata da politiche inadeguate. La risacca è drammatica» sostiene Luigi Sbarra (Cisl).

LA STAGNAZIONE di un paese che parla d’altro ieri è stata una notizia, non nuova, che però ha colto di sorpresa un governo lacerato dall’intenzione dei renziani di Italia Viva di sfiduciare il ministro della Giustizia Bonafede sulla prescrizione. La prima reazione è stata, come al solito, ispirata a un auspicio. «Serve sforzo immediato del governo per invertire trend» ha detto il ministro dello sviluppo Stefano Patuanelli. I dati dell’Istat hanno scosso le forze della maggioranza. Il segretario Pd Nicola Zingaretti ha rivolto un appello agli alleati: «Meno polemiche e più lavoro comune, più comunità – ha detto Zingaretti – Gli italiani si aspettano da noi che risolviamo i problemi, e anche questo dato è un campanello d’allarme, ma di una situazione economica che si può affrontare se c’è la volontà politica di farlo». Resta da capire se, oltre alla volontà, ci sia anche la capacità di farlo. Renzi ha la ricetta pronta: riaprire i cantieri, commissariare tutto il commissariabile, derogatre ancora alle regole, sbloccare 120 miliardi di fondi, una ricetta di cui pensa di avere il segreto. In realtà è stato fatto con lo «Sblocca cantieri» l’anno scorso. Doveva portare ricchezza, in realtà ha confermato la stagnazione. «Il 2019 non è stato un anno bellissimo. O ci smuoviamo o il 2020 sarà peggio» ha detto Renzi. Non è esclusa la terza ipotesi: muoversi e fare peggio.

* Fonte: Mario Pierro, il manifesto[1]

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