Migranti. Via libera a Open Arms per sbarcare a Pozzallo 363 naufraghi

by Adriana Pollice * | 2 Febbraio 2020 18:28

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Al largo di Pozzallo ieri pomeriggio in 363, stretti sul ponte dell’Open Arms, attendevano un porto sicuro: tutti naufraghi salvati dai volontari catalani in cinque operazioni in appena 72 ore, con il primo gruppo che è salito a bordo il 27 gennaio. In serata finalmente il via libera allo sbarco. Le autorità di Malta avevano ricevuto la richiesta di Pos – place of safety – per prime, dopo tre rifiuti la domanda è arrivata a Roma, ripetuta anche ieri. Il Viminale venerdì aveva chiesto il numero di minori a bordo, sembrava la premessa per lo sbarco ma lo stallo è proseguito. Poi nel pomeriggio è arrivata la notizia che ha sbloccato l’impasse: la Commissione europea ha comunicato di aver ricevuto la richiesta di coordinare la ripartizione dei migranti sull’Open Arms tra gli Stati che hanno sottoscritto l’accordo di Malta. Stamattina finalmente saranno a terra, a Pozzallo.

Nelle stesse ore erano ancora alla deriva al largo della Libia un gruppo di 47 migranti, segnalati ieri mattina da Alarm phone in zona Sar maltese: «Siamo in contatto con le persone a bordo, che sono preoccupate: sono partite da Zuwara oltre 30 ore fa e ora il motore è in avaria. Non hanno salvagenti e non ci sono soccorsi in arrivo», l’aggiornamento diffuso dai volontari sui social.

Sull’Open Arms, invece, tirano un sospiro di sollievo: «La situazione a bordo si era complica col passare dei giorni per la stanchezza e la scarsità di viveri, ne avevamo solo per altri due giorni. È stato uno sforzo enorme proteggere tutte queste persone». L’ultimo salvataggio è avvenuto giovedì scorso, di notte, dopo dieci ore di ricerca: un centinaio di persone alla deriva su un’imbarcazione in legno a due livelli, il trasbordo è stato particolarmente difficile. Due uomini sono stati evacuati dalla Guardia costiera italiana per dolori addominali e ustioni. A bordo dell’Open Arms è rimasto Mohamed. Era stato salvato il giorno precedente con 44 naufraghi su una barca in vetroresina: «Ha 17 anni, viene dalla Somalia – spiegano dall’ong -. I suoi genitori sono stati assassinati da Al-Shabab, l’Al Qaeda somala. Cinque giorni prima di salire sulla barca, il trafficante in Libia lo ha torturato con un coltello rovente per ricattarlo. Avevamo chiesto un’evacuazione ma Malta l’ha negata».

I migranti continuano a partire, l’Europa ha appaltato i respingimenti alla Libia che, per adesso, sembra aver ritirato la sua Guardia costiera in attesa di finalizzare il rinnovo del memorandum con l’Italia. Così Alarm phone ieri mattina avvisava: «Abbiamo ricevuto una chiamata da una barca in pericolo con 47 persone in fuga dalla Libia. Sono nella zona Sar di Malta. Le autorità si rifiutano di dirci se stiano lanciando un’operazione di soccorso. Sono partiti da Zuwara oltre 30 ore fa e adesso il motore è in avaria. Non hanno salvagenti e non ci sono soccorsi in arrivo. Sono già sopravvissuti due notti in mare».

Dopo un lungo silenzio, i volontari sono riusciti a ristabilire la comunicazione: «Dicono che stanno imbarcando acqua e hanno paura che i soccorsi non arrivino. Alcune persone stanno piangendo. Perché nessuno li sta cercando?». A cercarli ci hanno pensato ancora una volta i volontari. Nel pomeriggio i piloti della Humanitarian Pilots Initiative, in collaborazione con l’ong tedesca Sea Watch, hanno avvistato l’imbarcazione dal velivolo Moonnbird, così è arrivata anche la posizione: «Sono a sole 63 miglia da Lampedusa. Italia e Malta inviino subito una nave per soccorrerli». E Alarm phone: «Siamo felici che Moonbird stia monitorando la barca. Malta ha promesso che avrebbe inviato un mezzo di soccorso. Speriamo che arrivi presto».

* Fonte: Adriana Pollice, il manifesto[1]

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