Protocollo coi sindacati, le cooperative ripartono da lavoro, soci e sostenibilità
Scottato dalle varie Castelfrigo, Italpizza e i tanti casi nella logistica, il movimento cooperativo sta cercando di reagire rinverdendo le sue radici ideali e mutualistiche. Si riparte rimettendo al centro il lavoro e la partecipazione dei soci. Corroborata dallo scampato pericolo in Emilia-Romagna, l’Alleanza delle cooperative – la struttura nata nove anni fa da Legacoop (coop rosse), Confcooperative (coop bianche) e Agci (coop laiche) – ha sottoscritto un accordo con Cgil, Cisl e Uil per lo sviluppo di una cultura organizzativa che combatta discriminazione, violenza e molestia di genere nei luoghi di lavoro. L’intesa impegna i firmatari ad introdurre nei contratti collettivi nazionali nuove disposizioni anche elaborando codici di condotta, promuovendo la formazione per prevenire l’insorgere di comportamenti molesti e violenti nei luoghi di lavoro attraverso delibere del consiglio di amministrazione delle cooperative.
«C’è bisogno di una grande alleanza del lavoro per saturare le fratture create nella società – spiega il presidente di Legacoop Mauro Lusetti – garantendo diritti e salari adeguati, specie ai più giovani, e partecipazione dei soci alla vita delle cooperative. Chi meglio di noi cooperative può tenere insieme capitale e lavoro contrastando lo sfruttamento delle partire Iva e le esternalizzazioni imperanti basate sullo sfruttamento del lavoro? Coi sindacati abbiamo riscoperto una forte sintonia per tentare di ridare valore al lavoro».
Un primo esempio pratico viene citato da Lusetti. «Nel contratto delle cooperative culturali siamo riusciti a far emergere lavoro nero con modalità sperimentali e la creazione di nuove mansioni e nuovi percorsi organizzativi. È sul terreno dei rinnovi contrattuali che potremo dare ali a questa nuova sfida sul lavoro e sui diritti».
Una sfida ancora maggiore è quella di rilanciare la partecipazione dei soci nelle cooperative, crollata negli ultimi decenni nei quali le coop più grandi sono diventate aziende come tutte le altre. A chi propone da fuori norme coercitive o soglie di partecipazione senza delega per rendere valide le deliberazioni, Legacoop risponde con l’impegno a dare «consapevolezza ai soci a partire dalla formazione obbligatoria»: rendere i soci coscienti dell’importanza della partecipazione come condizione necessaria per rilanciarne il modello.
Anche il sindacato, spesso lasciato solo nella denuncia dei casi più eclatanti di false cooperative, accoglie l’invito. «C’è bisogno di una trasformazione culturale – sottolinea il segretario generale della Cgil Maurizio Landini all’assemblea nazionale dell’Alleanza delle cooperative italiane – . Appalti, sub appalti e finte cooperative si sono allargate a dismisura in questi anni. Gli appalti al massimo ribasso e la mancanza di clausole sociali sono prosperati. Parlo da socio lavoratore di una cooperativa in aspettativa sindacale (Landini ha lavorato da giovane in una cooperativa di saldatori in provincia di Reggio Emilia, ndr) per rilanciare la partecipazione nel modello cooperativo serve una riflessione assieme sul tema del prestito sociale e sulle dimensioni d’impresa. Questo accordo contro le discriminazioni di genere è un primo passo che va concretizzato nella contrattazione. Buttiamoci e proviamo a nuotare», ha concluso Landini.
Qualche segnale positivo arriva anche dalla pubblica amministrazione. Sono infatti in crescita le stazioni appaltanti che puntano su «qualità e sostenibilità sociale e ambientale». È il risultato che emerge dall’analisi di 700 bandi del periodo gennaio – luglio 2019 da parte dell’Osservatorio sugli appalti pubblici dell’università di Trento. La ricerca conferma l’aumento della propensione delle Stazioni appaltanti a riconoscere all’offerta tecnica più di 70 punti su 100 – dove 70 è il “plafond” minimo di legge – su questi temi. I dati dicono che nei lavori il peso al progetto, fra 70 e 80 dei punti disponibili, è stato rilevato nell’ 83,33% dei bandi esaminati, mentre oltre gli 80 punti nel 13,19%. Nei servizi, l’incidenza del progetto fra 70 e 80 punti è risultata ancora maggiore, perché presente nell’88,73% dei bandi esaminati, mentre oltre gli 80 nell’8,20%.
* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto
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