Giornata dell’8 marzo. Violenza sulle donne, tutte le carenze italiane
Nella giornata dell’8 marzo viene posta l’attenzione su un’emergenza diversa da quella sanitaria globale, che pure miete costantemente vittime, quella della violenza maschile sulle donne. La rete italiana dei centri antiviolenza DiRe lancia oggi una campagna che durerà un anno e i cui risultati saranno presentati l’8 marzo 2021.
L’obiettivo quello di informare e mobilitare l’opinione pubblica per fare pressione sulle istituzioni affinché venga applicata la Convenzione di Istanbul, documento firmato da 56 paesi che stabilisce le direttive internazionali per il contrasto alla violenza sulle donne.
La campagna si intitola «Violenza sulle donne. In che Stato siamo?» e fa leva sull’esito di un lungo e accurato lavoro di monitoraggio portato avanti da Grevio, il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa, che per due anni ha analizzato la situazione italiana e la conformità delle misure adottate per contrastare la violenza agli standard internazionali stabilita dalla Convenzione, ratificata dall’Italia con la legge 77/2013 e in vigore dal 2014.
Dopo due anni di osservazioni e dopo aver analizzato sia il rapporto ufficiale prodotto dalle istituzioni che il rapporto ombra, cioè quello redatto dalla rete Dire insieme ad altre 45 associazioni attive sul territorio nazionale, il gruppo Grevio ha prodotto un documento di 160 pagine, reso pubblico lo scorso 13 gennaio.
Nel testo sono contenute alcune raccomandazioni su come le istituzioni italiane dovrebbero agire per muoversi con efficacia nel trattamento di questo fenomeno strutturale e per colmare le lacune osservate nell’adeguamento alla Convenzione.
Dal rapporto Grevio affiorano elementi preoccupanti e questioni urgenti: «La causa dell’uguaglianza di genere – seppur riconoscendo i progressi compiuti per promuovere i diritti delle donne in Italia – incontra ancora resistenze nel paese e sta emergendo una tendenza a reinterpretare e riorientare la nozione di parità di genere in termini di politiche per la famiglia e la maternità», si legge nel testo pubblicato dal Consiglio d’Europa.
Tra le principali raccomandazioni rivolte all’Italia centrale è la questione dei finanziamenti ai centri anti-violenza. Una delle carenze principali individuate è l’assenza un piano di sostegno economico a lungo raggio alle case rifugio e centri anti violenza che ne garantisca la stabilità e la continuità dei servizi, i quali risultano ancora frammentari e insufficienti a far fronte al fenomeno.
DiRe ha reso pubblici in questi giorni anche i suoi dati annuali interni che monitorano la situazione dei centri. L’analisi di 75 centri su 85 totali registra un incremento del 11% dei nuovi accessi ai servizi di supporto e percorsi di fuori uscita dalla violenza. «I dati confermano ancora una volta quanto sia importante sostenere con continuità queste strutture», dice Antonella Veltri, presidente di Dire.
Uno dei problemi rilevati è anche l’arrivo a destinazione dei fondi già esistenti, che vengono gestiti a livello regionale e che, come riportato dal rapporto ActionAid del 2018, in alcuni casi non vengono erogati alle strutture a cui sono destinati e rimangono negli avanzi di bilancio.
Ma quella dei finanziamenti non è certo l’unica lacuna che presenta l’Italia, una forte esortazione viene dal rapporto Grevio affinché sia dato sostegno e riconoscimento alle organizzazioni femminili indipendenti, così come evidenziata è la carenza di programmi di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole.
«È necessario cambiare il modo in cui la violenza domestica viene trattata nei tribunali dove donne e minori non vengono tutelati adeguatamente da uomini violenti», afferma Marcella Pirrone, avvocata del gruppo internazionale di Dire e presidente della rete europea Wave (Women Against Violence Europe). Che aggiunge: «le istituzioni italiane dovrebbero attivarsi immediatamente sulla base di queste raccomandazioni, intanto traducendo e diffondendo i risultati del rapporto Grevio».
* Fonte: Shendi Veli, il manifesto
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