Sindacati denunciano: «Mancano ovunque mascherine e sicurezza»

by Massimo Franchi * | 11 Marzo 2020 9:22

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Per garantire «l’approvvigionamento di beni di prima necessità» in una situazione di «zona arancione» su tutta la penisola è necessario che funzioni il settore della logistica e della distribuzione.

I lavoratori di questi comparti sono dunque indispensabili. Ma in molte zone d’Italia – specie in Lombardia e in Emilia, zone più esposte al virus ma allo stesso tempo nevralgiche per la logistica – in questi giorni di pandemia sono arrivate denunce sul dover lavorare in situazioni di insicurezza. Casi di lavoratori infettati senza che l’azienda decida la quarantena per i colleghi o di lavoro senza mascherina e profilassi senza rispettare le direttive del governo sul Covid19.

DI IERI È IL CASO DENUNCIATO dal Si Cobas al magazzino Brt (Bartolini) di Landriano (Pavia). Qui «lunedì un autista è stato messo in quarantena in seguito alla diagnosi di contagio da Covid-19 della moglie». Si tratta di uno degli impianti più grandi della Bartolini in tutta Italia, dove ogni giorno lavorano e passano centinaia di magazzinieri e autisti. Il Si Cobas ieri ha quindi scritto all’azienda e al prefetto di Pavia chiedendo che «a tutti i lavoratori, prima dell’inizio del turno, sia effettuato il tampone e che abbiano piena retribuzione fino a quando non sia finito il protocollo».

La denuncia di Alessandro Braga, coordinatore del Si Cobas di Milano, è generalizzata: «I casi in queste settimane sono numerosi e quando chiediamo alle aziende almeno di utilizzare le mascherine, molti coordinatori in modo formale ci hanno scritto citando l’Organizzazione mondiale della sanità sostenendo che le mascherine non servono a niente e che quindi non sono tenute a fornirle».

L’Usb invece ieri ha indetto uno sciopero alla Bartolini di Caorso per «chiedere azioni immediate per la protezione dei lavoratori delle piattaforme e dei veicoli: sanificazione di mezzi e magazzino, fornitura di guanti, mascherine, gel e un termometro». L’azienda infatti ha accolto la richiesta ma solo a partire da oggi.

L’USB DENUNCIA che «gli addetti della logistica consegnano in tutta Italia da settimane merci e pacchi anche alle persone in quarantena, che in teoria non dovrebbero nemmeno aprire la porta di casa, esponendosi così al rischio di contagio da coronavirus, nella più totale indifferenza delle autorità politiche, amministrative e sanitarie».

A Piacenza anche il SiCobas ha deciso lo sciopero nella piattaforma logistica Xpo di Pontenure per pretendere la distribuzione di guanti, mascherine e disinfettante nei bagni».

Altro caso grave nei giorni scorsi alla Unes supermercati, nel milanese. «Al centro smistamento di Limodrone ci sono stati quattro casi di positività, ma invece di mettere tutti in quarantena o fare il tampone, alcuni di loro sono stati spostati nell’altro magazzino di Trucazzano, sempre nel milanese. E ora pare che anche lì ci siano due lavoratori portati all’ospedale. Su i due magazzini lavorano circa 450 lavoratori e sono tutti impauriti», spiega il delegato Si Cobas Pape Ndiaye.

SITUAZIONE DI TENSIONE anche al porto di Napoli. «Alcuni dei 300 lavoratori della Conateco sono stati mandati a casa dopo visita medica e l’azienda ha disposto la sanificazione dei luoghi con chiusura degli spogliatoi», denuncia Peppe D’Alessio, Si Cobas Napoli. Ieri sera Fit Cisl, Uilt e Ugl hanno sottoscritto un «verbale di accordo» per riaprire gli «spogliatoi in gruppi di massimo 5 persone per il tempo strettamente necessario per vestirsi».

DAVANTI AL «RISCHIO SOCIALE generalizzato in tutto il settore della logistica», Adl Cobas e Si Cobas hanno chiesto all’associazione di categoria Fedit e al Mise «garanzie di salute e salariali per tutti i lavoratori».

Ma la richiesta di sicurezza è generalizzata. Alla Fca di Pomigliano nel pomeriggio sciopero spontaneo – appoggiato e coperto dalla Fiom – di oltre un’ora da parte di decine di operai per protestare contro la carenza di mascherine. Poi nel pomeriggio tutti i sindacati – Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl e Aqcfr – hanno chiesto all’azienda di «rallentare la linea di montaggio e riorganizzare le postazioni di lavoro partendo dalla distanza minima tra i lavoratori e alla implementazione di mascherine e guanti monouso».

UNA RICHIESTA che in mattinata aveva fatto in modo generalizzato la segretaria della Fiom: «Per garantire la salute dei lavoratori occorre una programmazione della riduzione delle attività produttive, fino alla fermata di tutte quelle non essenziali».

* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto[1]

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