Stati uniti, in tre milioni perdono il lavoro. Per Trump «è irrilevante»

by Marina Catucci * | 27 Marzo 2020 10:19

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NEW YORK. La crisi economica che sta investendo gli Stati uniti è forse la più aggressiva dai tempi della seconda guerra mondiale. Ieri un rapporto del Dipartimento del Lavoro ha mostrato un aumento senza precedenti delle domande di sussidi di disoccupazione, passati da 282mila a quasi 3,3 milioni in una sola settimana.

Molti economisti affermano che la recessione causata dall’emergenza coronavirus sia già iniziata e che si sia solo all’inizio di un massiccio aumento della disoccupazione che potrebbe portare oltre 40 milioni di americani a perdere il lavoro entro aprile.

Il rapporto comprende le domande presentate dal 15 al 21 marzo, con i licenziamenti saliti alle stelle lunedì 16 marzo dopo la dichiarazione di Trump riguardo gli assembramenti di non più di dieci persone che ha costretto alla chiusura di ristoranti, bar e altri luoghi pubblici.

Gli economisti prevedono per questa settimana un’altra ondata di oltre un milione di nuove richieste di sussidi. Il numero reale di disoccupati è probabilmente ben più alto di 3,3 milioni: molti lavoratori non hanno i requisiti necessari per richiedere la disoccupazione, come gli autonomi, i cosiddetti gig workers, le persone che l’anno scorso abitavano in uno Stato diverso o gli impiegati da meno di sei mesi.

La Casa bianca ha reagito, ancora una volta, minimizzando: il segretario al Tesoro Steven Mnuchin ha definito il dato «non rilevante» e ha rimandato al piano da 2mila miliardi di dollari in aiuti all’economia approvato dal Senato.

«L’economia Usa è in salute e tornerà in salute», ha detto Mnuchin riferendosi a una crescita del pil americano del 2,1% nel quarto trimestre e al pacchetto di sussidi economici approvati dal Senato per aiutare cittadini e imprese grandi e piccole.

L’aplomb dalla Casa bianca sembra più ostentato che reale. Prima del rilascio del comunicato del Dipartimento del Lavoro, l’amministrazione Trump aveva fatto molte pressioni sui singoli Stati affinché non rilasciassero le cifre giornaliere sull’impennata della disoccupazione così da non spaventare mercati e opinione pubblica.

Da giorni The Donald continua a ripetere, nonostante il parere contrario degli esperti, che questa diavoleria del lockdown deve finire il prima possibile, possibilmente per Pasqua, perché l’economia deve riprendere. Su Twitter ha scritto: «I lamentosi media sono la forza principale del tentativo di convincermi a tenere chiuso il nostro paese il più a lungo possibile nella speranza che ciò pregiudichi il mio successo elettorale. Le persone reali vogliono tornare al lavoro al più presto. Saremo più forti che mai!».

Il timore di una recessione epocale proprio pochi mesi prima delle elezioni è ben presente nelle affermazioni di Trump che al momento, secondo Gallup, gode del più alto gradimento mai avuto dall’insediamento della sua presidenza nel 2017, pari al 49%. Il dato è per molti versi sorprendente, se si pensa a quanto possono essere aspri i giudizi di chi critica Trump.

La critica maggiore che gli viene mossa è l’incredibile flusso di bugie con cui inonda le sue quotidiane conferenze stampa, al punto che la stazione radiofonica NPR, National Public Radio, di Seattle, ha smesso di mandarle in onda in quanto divulgano «informazioni fuorvianti e pericolose».

A causa di una falsa affermazione di Trump riguardo l’efficacia di un farmaco da banco per la malaria a base di clorochina fosfata, a detta del tycoon utile per il trattamento e la prevenzione del Covid-19, si sono registrati molti casi di avvelenamento da questo farmaco. Una coppia di coniugi sessantenni è morta dopo averlo assunto.

* Fonte: Marina Catucci, il manifesto[1]

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