Confindustria. Tra virus e falchi, Bonomi all’attacco di governo e sindacati
Era strafavorito e ha vinto. Carlo Bonomi è il nuovo presidente di Confindustria. È stato eletto con ben 123 voti su 193, doppiando Licia Mattioli, accreditata alla vigilia di una rimonta non concretizzata. Chi sperava che le pressioni per riaprire, le dichiarazioni del suo supporter Bonometti che rivendicava il no alla zona rossa nella Bergamasca potessero nuocere al presidente di Assolombarda si sbagliava. È la vittoria del «modello Lombardia» che fra gli industriali è ancora in auge. Non a caso il commento più entusiasta alla notizia è del presidente della Regione Attilio Fontana: «Il fatto di avere ai vertici di Confindustria un presidente della nostra regione è per tutti noi un motivo di soddisfazione in più, così come proprio l’importante esperienza maturata a Milano gli consentirà di ricoprire questo incarico con quella concretezza tipica dei lombardi».
LA «CONCRETEZZA» che ha portato subito Bonomi a chiedere di riaprire le aziende e attaccare sindacati e governo. «Occorre far riaprire le produzioni ma evitare seconda ondata contagio. Il tempo è il nostro nemico. La voragine del Pil è tremenda, è una grande occasione per cambiare Italia. Far indebitare imprese non è la strada giusta». E ancora: «La politica ci ha esposto ad un pregiudizio fortemente anti-industriale che sta tornando in maniera importante in questo Paese», «non pensavo di sentire più l’ingiuria che le imprese sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente. Credo che dobbiamo rispondere con assoluta fermezza».
MUSICA PER LE ORECCHIE dei falchi che in questi giorni hanno intasato le prefetture con la richiesta di deroga per riaprire la propria attività.
Bonomi in realtà si discosta molto dai suoi predecessori. Osannato da anni dal Corriere, ha una piccola impresa nel settore biomedicale con soli 8 dipendenti. La carriera l’ha fatta in Assolombarda e nelle varie assise confindustriali come capofila degli attacchi a reddito di cittadinanza e Quota 100.
Occorre riaprire, il tempo è nemico. La politica ha un pregiudizio anti-industriale, il sindacato dice che le imprese sono indifferenti alla vita dei collaboratori: dobbiamo rispondere
Spalleggiato da tutta la destra, vedremo se farà concessioni a Boccia e alle aziende partecipate pubbliche – che non lo hanno votato – nella presentazione della squadra e come si comporterà nei primi tavoli a cui sarà chiamato da Conte. Il primo potrebbe essere già oggi se il presidente del consiglio risponderà all’appello di Cgil, Cisl e Uil. «Un incontro urgente – si legge nella nota unitaria – per un confronto sulla ripresa delle attività perché riteniamo fondamentale che venga mantenuto un forte presidio e una regia nazionale sul tema della sicurezza e della tutela massima della salute per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Il nostro obiettivo è, lavorando insieme, arrivare preparati alle scadenze di maggio contenute nel Dpcm del 10 aprile. Siamo preoccupati – continuano Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo – delle iniziative di singole regioni perché crediamo che in tal modo si possano pregiudicare gli sforzi che tutto il paese ha messo in campo, con il rischio di non garantire regole omogenee per tutti. Non è il momento delle fughe in avanti o dei protagonismi. È necessaria una sintesi a livello nazionale in modo da dare certezza a tutti. La distribuzione dei dispositivi di sicurezza deve essere garantita in tutti i territori e luoghi di lavoro».
CGIL, CISL E UIL METTONO le mani avanti anche sul decreto Aprile: «Si dovranno discutere le misure a sostegno del lavoro: è prioritario che sia data continuità, ma con più efficienza e rapidità, nell’erogazione dei relativi assegni, a tutti gli ammortizzatori sociali necessari a gestire il graduale rientro dei lavoratori».
Nel frattempo proseguono gli accordi sindacali sul territorio. Dopo Fca, ieri è stato il turno di Cnhi – la seconda gamba dell’ex Fiat – con misure «analoghe e con la possibilità di partecipare a una sperimentazione a Bolzano di test sierologici», fa sapere la Fiom.
Nella perfida Amsterdam in contemporanea riunione dei soci di Ferrari, Cnh Industrial con la chicca della distribuire un dividendo di circa 210 milioni di euro per Ferrari. Gli Agnelli non tirano la cinghia.
* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto
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