Conte concede il cambio di passo, ma è giallo sul prolungamento dell’emergenza

by redazione | 14 Maggio 2020 10:12

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A chiederlo è stata solo Maria Elena Boschi per Italia viva, anche se la prima volta ne aveva parlato Stefano Ceccanti del Pd. Conte, ha proposto ieri la presidente dei deputati renziani durante la conferenza dei capigruppo della camera, venga in aula a spiegare il prossimo Dpcm, quello attesissimo sulle riaperture nelle regioni. Ma Conte in serata, al termine della conferenza stampa post Consiglio dei ministri, ha spiazzato tutti: non ci sarà alcun Dpcm. «Proporrò ai ministri – ha detto il presidente del Consiglio – di adottare un decreto legge, sarebbe la soluzione migliore per coinvolgere il parlamento. Siamo usciti dalla fase più acuta, ora possiamo anche adottare lo strumento del decreto legge»
È quello che chiedevano pezzi crescenti della maggioranza, soprattutto nel Pd e in Iv, non solo le opposizioni. Ma che Conte nel suo ultimo intervento in aula aveva rifiutato, continuando a difendere il Dpcm come lo strumento più agile e adeguato all’emergenza. E invece, dopo che le nuove norme inserite nel decreto legge numero 19 che proprio oggi sarà approvato in prima lettura a Montecitorio hanno previsto una blanda «parlamentarizzazione» dei Dpcm, si torna all’ordinario. O meglio alla «straordinaria necessità e urgenza» che per la Costituzione giustifica i decreti legge. Il governo durante questa emergenza ne ha già emanati dodici con ieri, e ben sei sono in corso di conversione tra camera (due) e senato (quattro).

Da tempo la maggioranza parlamentare rivolgeva al governo la richiesta di lasciare alle camere uno spazio nella definizione e nel controllo delle misure per l’emergenza. Tanto più che, lo ha detto martedì in aula il deputato di Leu Stefano Fassina come scoperchiando un segreto, «il decreto che arriverà nelle prossime ore dovrebbe contenere, a quanto leggiamo, un’estensione di ulteriori sei mesi dello stato di emergenza». Il che significa altri sei mesi di Dpcm, o di decreti, tra le altre cose.

In effetti in tutte le bozze del nuovo decreto «Rilancio» diffuse fino a un attimo prima del Consiglio dei ministri di ieri sera, all’articolo 16, è prevista la proroga di sei mesi per tutti gli stati di emergenza (in piedi ce ne sono molti, limitati ad alcune aree del paese) «in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non più prorogabili ai sensi della normativa vigente». La norma non sembrerebbe applicabile all’emergenza Covid-19 che in effetti scade proprio il 31 luglio ma è ancora prorogabile. E lo è con una semplice delibera del Consiglio dei ministri, non serve un decreto legge.

Lo stato di emergenza, previsto dal decreto legislativo che ha riformato la protezione civile nel 2018, è stabilito che possa durare un massimo di 12 mesi prorogabili altri 12. L’emergenza Covid-19 al momento ha una durata di sei mesi stabilita peraltro proprio dal decreto legge 19 in via di conversione. La via corretta per una proroga sarebbe quella di emendare quel provvedimento, magari dopo una discussione in parlamento. Anche perché legata alla durata dello stato di emergenza c’è la convocazione delle prossime elezioni amministrative, che già sono state traslocate dalla primavera all’autunno e potrebbero ulteriormente essere spostate al 2021.

La relazione che accompagna questo articolo 16 del nuovo decreto, nelle bozze (per il testo definitivo malgrado l’approvazione ieri sera bisognerà aspettare), sembra escludere l’emergenza Covid-19 da quelle prorogate fino al 31 gennaio (sono in piedi alcune emergenze “minori” che riguardano l’Emilia, il Piemonte, il Molise e il veneto e che non sarebbero più prorogabili). Ma le fonti sul dossier confermano che è proprio della proroga dell’emergenza coronavirus che si tratta. Sulla base di un’interpretazione della norma assai forzata. La proroga delle emergenze «in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non più prorogabili» andrebbe cioè intesa nel senso che sono prorogate sia le emergenze in scadenza entro il 31 luglio 2021 sia quelle non più prorogabili. Se fosse veramente così, il raddoppio secco della durate dell’emergenza arriverebbe praticamente a sorpresa.

* Fonte: Andrea Fabozzi, il manifesto[1]

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