Ingerenze USA sulle armi nucleari:«La Germania mina la Nato»

by redazione | 15 Maggio 2020 10:19

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BERLINO. «La Germania mina la capacità nucleare della Nato». Parla chiaro e a voce alta Richard Grenell, che non è solo l’ambasciatore degli Stati uniti a Berlino ma anche l’uomo più importante dell’amministrazione Trump in Europa e il nuovo «top adviser» della National Intelligence americana.

Un funzionario da due anni incaricato di tenere la Repubblica federale nel mirino, «abrasivo» al punto di essere stato dichiarato «persona non grata» dalla Linke a marzo del 2019, con relativa richiesta al Bundestag di espulsione per le ripetute ingerenze nella politica interna e il comportamento fuori da ogni protocollo.

E il messaggio affidato a «Rick», come lo chiama il presidente Usa su Twitter, è inequivocabile: la proposta dei massimi dirigenti Spd di ritirare le 20 bombe nucleari Usa modello “B-61” dalla base aerea di Büchel è respinta al mittente; con i rimproveri del caso. Risposta poco diplomatica e molto «spy minded», come da definizione di Grenell, che dalle colonne di Die Welt invita il governo Merkel a preoccuparsi, piuttosto, di versare il 2% del Pil per le spese militari previsti dall’Alleanza atlantica e chiesti dagli Usa «che ipocritamente non ha ancora raggiunto».

Fine della discussione e anche del dibattito politico, almeno secondo l’emissario di Washington pronto a ricordare che mezza Berlino rimane nella “Germania Ovest” e che il nemico restano Russia e Cina.

Un problema di cui viene investito direttamente il ministro degli Esteri, Heiko Maas, della Spd, che gli americani non “salvano” neppure se ha manifestato la personale dissidenza alla «richiesta unilaterale tedesca» di ritirare l’arsenale atomico. Il primo destinatario del monito dell’ambasciatore Grenell è esattamente lui: «Se il ministro Maas vuole veramente che la Germania sia una “potenza per la pace”, come sostiene, invece di compromettere la solidarietà che forma la base della deterrenza nucleare della Nato dovrebbe investire nella sua capacità».

Il suggerimento di Grenell all’esponente socialdemocratico, di fatto, è che la proposta di dismettere l’arsenale atomico Usa sotterrato nei bunker della base in Renania Palatinato rimanga solo un’idea del co-segretario e del capogruppo Spd al Bundestag e non diventi l’opinione dell’intera Grande coalizione. Tra i banchi del governo la ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, segretaria Cdu, si spolmona per il pieno sostegno alla posizione americana, spalleggiata dalla cancelliera Merkel e dai deputati del partito liberale.

Anche se il ritardo nella sostituzione dei vecchi bombardieri Tornado in dotazione alla Luftwaffe con i nuovi Boeing F-18 a capacità nucleare pesa come un macigno sui rapporti con Washington. L’acquisto era stato promesso agli Usa per garantire lo standard minimo della Germania nell’ambito della Nato, ma poi è stato fatto rinviare dalla Spd a dopo l’emergenza Covid-19.

«La leadership politica tedesca, specialmente i socialdemocratici, adesso deve dimostrare che il governo sta mantenendo fede alle promesse. La fine della Guerra Fredda non significa che siano terminate le minacce alla sicurezza europea», ricorda Grenell, portatore della preoccupazione di Trump per «l’invasione russa dell’Ucraina e il dislocamento dei missili nucleari dentro il perimetro dell’Europa».

Sono i “complain” del diplomatico di cui la Deutsche Welle, autorevole informazione pubblica, ricorda le liti con i politici tedeschi negli ultimi due anni dovute allo «stile abrasivo, sempre a difesa delle politiche del presidente Trump ed eco delle sue lamentele nei confronti di Berlino».

Un falco vero, investito dei pieni poteri da parte del presidente Usa, impegnato a contenere l’espansione di Russia e Cina ma anche di qualunque richiesta della Germania di revisione della dottrina nucleare, anche se come sostiene la Spd «è disumana e non aumenta la sicurezza di Berlino».

* Fonte: Sebastiano Canetta, il manifesto[1]

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