A Modena l’albergo rifugio anti-Covid

Loading

MODENA. Da fuori sembra un albergo normale, ma se osservato dall’interno si riesce a scorgere quella che forse rappresenta la parte migliore dell’umanità. Siamo a Modena, dove in via Rainusso sorge l’Hotel Tiby. Già nel 2017 i titolari mettono a disposizione la struttura per ospitare molti richiedenti asilo in attesa di trovare un alloggio adeguato come per esempio case o abitazioni comuni. La prefettura chiama per chiedere una mano e l’Hotel Tiby risponde. Vengono subito aperte le porte a ghanesi, bengalesi e guineani. Poi in primavera, arriva il Covid. Il nord Italia è la parte più colpita: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

Complessivamente, nella regione che ha dato i natali a Giuseppe Verdi, Vasco Rossi e Giovanni Pascoli, si è arrivati sino ad ora a ben 4.179 morti. Le vittime del coronavirus si è abituati a contarle, non a darle un nome e neanche un volto. Ieri sono morte 800 persone, l’altro ieri 750 e il giorno prima 600. Martedì scorso 500 e altrettante la settimana precedente. E’ così che si dice in TV. E’ così che si leggono i bollettini di guerra.

«Sono rimasto all’ospedale 8 giorni, poi quando ho cominciato a stare meglio mi hanno dimesso e sono venuto all’Hotel Tiby. Qui mi sento al sicuro». A raccontare tutto ciò da dietro la mascherina è Arun Amhadù, ragazzo ghanese prima dimesso dall’ospedale e poi trasferito all’Hotel.

Poco prima di metà aprile, al Policlinico di Modena i posti letto per continuare ad assistere anche i contagiati da Covid in stato di remissione scarseggiano. Quando la malattia si fa più debole e i sintomi iniziano ad attenuarsi, i pazienti ricoverati vengono trasferiti in altri reparti dell’ospedale, dove rimangono sino al giorno dell’effettiva scomparsa del virus. I malati gravi continuavano però a fare ingresso dal pronto soccorso e per curarli tutti era necessario creare più spazio, servirsi anche di quei reparti che prima erano destinati ai malati lievi in via di guarigione.

L’Hotel non è enorme, però è stato subito reso disponibile per far fronte all’emergenza. Ad accogliere i covid-positivi c’è Elena, un’infermiera del centro salute mentale di Modena che ha dato la disponibilità per occuparsi dei pazienti: «I nostri turni durano dalle 8 alle 20. Arrivano persone con esigenze e problemi diversi. Studiamo la loro storia, facciamo una valutazione della saturazione della temperatura e poi li accompagniamo in camera. Ci sono 100 camere a disposizione dei covid-positivi: al massimo sono state 45 le persone accolte, che sono andate calando di giorno in giorno. Sino a 10 giorni fa ce n’erano 22».

Le zone comuni sono la sala d’aspetto e quella da pranzo, che è molto grande: «Ad orari stabiliti, i nostri ospiti scendono qui a consumare i pasti 3 volte al giorno: colazione, pranzo e cena. Appena finito, disinfettiamo e sanifichiamo tutto». Poi c’è il magazzino, che prima era la sala riunioni dell’albergo: «E’ un locale un po’ improvvisato per la situazione. Qui appoggiamo il materiale sanitario (tute, visiere, camici, maschere, saponi) insieme a tutte le scorte alimentari».

Antonio si trova in isolamento all’Hotel Tiby dal 24 aprile: «Sono stato ricoverato al Policlinico il giorno di Pasqua e vi sono dovuto rimanere per 12 giorni. Il venerdì avevo la febbre alta e altri dolori vari lungo tutto il corpo, allora il giorno dopo ho fatto il tampone». Poi domenica arriva la brutta notizia della positività al Covid-19: «Ho chiamato subito l’ambulanza e mi hanno portato in ospedale. Dopo la remissione dei sintomi mi hanno trasferito in un reparto di medicina interna e dal 24 sono qua. Sto bene e tra poco potrò finalmente tornare a casa».

Roberta è invece in riabilitazione dal 22 aprile, ma la lotta al Covid è stata più dura: «Tornando da lavoro avevo la febbre a 39, così la mattina seguente ho chiamato la sorveglianza sanitaria e il giorno dopo ho fatto il tampone che ha avuto esito positivo. All’inizio sono rimasta a casa con febbre, dolori muscolari e fatica respiratoria». Allora il suo medico di fiducia le prescrive la terapia, ma Roberta non migliora e così va in ospedale: «Avevo la polmonite. Sono stata in terapia intensiva circa una settimana, poi nel reparto di malattie infettive. Quando ho cominciato a stare meglio mi hanno portata all’Hotel Tiby, dove mi sto riprendendo molto bene».

Anche Argentina, giovane mamma rumena Covid-positiva, si trova al Tiby dal 5 maggio: «Ero stanca e avevo la febbre, così ho fatto un prelievo sanguigno richiesto dall’azienda per cui lavoro. Ha dato esito negativo nonostante cefalea e dolori vari. Così dopo qualche giorno il mio medico mi ha fatto il tempone e ho scoperto di essere positiva. Tra poco tornerò a casa da mio marito e dai miei figli».

* Fonte:Riccardo Chiossi, il manifesto

 



Related Articles

Le donne vanno avanti, l’Italia no

Loading

Linda Laura Sabbadini, Istat: «In troppe per una gravidanza debbono ancora lasciare il lavoro. E aumenta il fenomeno delle nonne-sandwich, che badano ai nipoti e ai propri anzianissimi genitori»

Sì, no, forse. Di Maio: il reddito a Natale. Giorgetti frena, ma poi ci ripensa

Loading

Reddito di precarietà. Il sottosegretario a Palazzo Chigi Giorgetti parla di «Complicazioni non indifferenti» sul sussidio di povertà detto «di cittadinanza»

«Devi stare attento, sei sotto indagine» Quelle soffiate degli agenti al boss

Loading

L’ossessione di Carminati per le microspie. L’arresto anticipato per evitare che fuggisse

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment