Guerra nel Sahel. In Mali «Ucciso il leader jihadista Droukdal»
Il leader di al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), l’algerino Abdelmalek Droukdal, «è stato ucciso dalle forze francesi nel nord del Mali, vicino al confine con l’Algeria», ha dichiarato venerdì il ministro della difesa francese, Florence Parly, confermando le prime informazioni lanciate dall’agenzia Afp.
DROUKDAL, STORICO LEADER della jihad nel Maghreb, aveva partecipato alla presa del Mali settentrionale da parte di al Qaeda nel 2013. Sarebbe stato ucciso giovedì nella città maliana di Tessalit, «insieme a numerosi altri jihadisti di alto rango, grazie al sostegno americano della missione Africom», ha aggiunto ieri la Cnn. Parly ha anche ricordato che lo scorso 19 maggio le forze francesi avevano catturato un importante leader dello Stato Islamico del Grande Sahara (Eigs), Mohamed el Mrabat.
La notizia della morte di Droukdal arriva proprio quando, nella giornata di venerdì una coalizione di politici, religiosi e della società civile in Mali, ha lanciato un ultimatum al presidente Ibrahim Boubacar Keita (Ibk), chiedendo le sue dimissioni durante una manifestazione con decine di migliaia di persone a Bamako.
ELETTO NEL 2013 E NEL 2018, Keita, sostenuto da Parigi, è accusato «di incapacità nel risolvere i conflitti interni». La nuova alleanza politica vede come principali leader l’imam Mahmoud Dicko, del Fronte per la salvaguardia della democrazia (Fsd) e l’ex ministro della cultura Oumar Sissoko, leader del movimento della società civile Hope Mali Koura (Emk) che considerano le elezioni legislative del 25 marzo, in piena emergenza legata alla pandemia di Covid-19, «illegittime».
«Condanniamo la cattiva gestione del governo, la corruzione, le violenze dei militari e gli abusi sui civili che hanno causato l’ascesa dei gruppi jihadisti nel paese – hanno dichiarato le opposizioni – «queste motivazioni rendono inutili gli sforzi militari insieme a francesi e alle truppe Onu della missione Minusma».
NUMEROSE SONO LE CRITICHE anche nei confronti di Parigi «per non essere riuscita a ripristinare la stabilità» con un forte risentimento anti-francese che è aumentato con il contemporaneo rafforzarsi delle milizie islamiste e l’aggravarsi dei conflitti etnici.
A poco, in termini di efficacia, è servito il rilancio del coordinamento congiunto della missione antijihadista francese Barkhane – con oltre 5mila militari francesi e quella del G5 Sahel (Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mauritania) o l’imminente creazione (prevista per luglio) di un nuovo raggruppamento di forze speciali europee – la Forza Takuba (in tuareg Spada) – che vedrà la partecipazione anche dell’Italia in azioni di «assistenza militare e capacity building» insieme ad altri 12 paesi.
NON È CERTO IL MIGLIOR CLIMA per inviare militari italiani. Le opposizioni politiche, infatti, richiedono «la progressiva diminuzione di militari stranieri, visto che l’opzione militare non ha funzionato, e una maggiore azione politica per rispettare gli accordi di Algeri del 2015 e creare un nuovo clima di riconciliazione nazionale».
* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto
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