L’Associazione magistrati espelle Palamara, ma lui minaccia

L’Associazione magistrati espelle Palamara, ma lui minaccia

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Luca Palamara si presenta all’assemblea, prova invano a prendere la parola e poi lancia il suo avvertimento: non ho mai agito da solo, ogni promozione era frutto di accordi politici

La pratica per l’espulsione di Luca Palamara dall’Associazione nazionale magistrati è conclusa. Oltre un anno dopo l’esplosione dello scandalo, il parlamentino dell’Anm ha deliberato sostanzialmente all’unanimità (un’astensione) la sanzione più grave per il magistrato di Unicost al centro della rete di negoziazioni e scambi che avevano a oggetto l’assegnazione degli incarichi più importanti in magistratura. La decisione di ieri riguarda la vita interna dell’associazione, Palamara è sotto inchiesta a Perugia (procura alla quale stato appena assegnato l’ex presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone) ed è stato già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dal Csm. Assieme a Palamara è stato sospeso per cinque anni Paolo Criscuoli, ex componente togato del Csm in quota Magistratura indipendente, già costretto a lasciare il Consiglio superiore. Nessuna decisione invece su Cosimo Ferri, l’ex leader di Mi diventato sottosegretario della giustizia in quota Forza Italia, deputato del Pd e poi di Italia viva: la giornata di ieri è servita solo ad accertare che fa ancora parte dell’Anm e dunque i probiviri potranno proporlo per una sanzione, ma in futuro.

La riunione del comitato direttivo centrale dell’Anm – la prima in (parziale) presenza dopo il lockdown – è stata movimentata all’esterno dall’arrivo sulle scale della Cassazione (la sede dell’Associazione è all’ultimo piano del Palazzaccio) di Palamara in persona. Che reclamava udienza, ma non è stato fatto entrare. Perché il parlamentino dei magistrati ha deciso che l’ex presidente dell’Anm avrebbe dovuto farsi ascoltare in precedenza dai probiviri, durante i lunghi mesi che sono stati necessari per l’istruttoria della incolpazione. Il voto di ieri in effetti era atteso da tempo, già a marzo il Comitato direttivo avrebbe dovuto votare l’espulsione di Palamara, poi il lockdown aveva contribuito a fermare tutto. Fino a che nuove intercettazione sono cominciate a uscire sul quotidiano la Verità, riportando di attualità il caso e allargandolo. Cosa che avrebbe voluto fare nel suo mancato intervento Palamara e che ha comunque fatto anche se dalle scale. Consegnando ai giornalisti il suo discorso e aggiungendo altre accuse a voce. «Mi hanno negato il diritto alla difesa, non lo faceva neanche l’Inquisizione», ha detto. «Non farò il capro espiatorio di un sistema», ha scritto invece a conclusione del lungo intervento che sperava di poter leggere. Nel testo ci sono delle ammissioni – «Le nomine dei dirigenti giudiziari sono il frutto di estenuanti accordi politici» – ma sopratutto minacciose chiamate in correità: «Ognuno aveva qualcosa da chiedere, anche chi oggi si strappa le vesti. Penso ad alcuni componenti del collegio dei probiviri che oggi chiedono la mia espulsione, oppure a quelli che ricoprono ruoli di vertice in Unicost o ad alcuni a quelli che siedono nell’attuale Comitato direttivo e che hanno rimosso il ricordo delle loro cene e dei loro incontri con i responsabili giustizia dei partiti di riferimento». Avvertimenti che saranno sicuramente andati a segno e che hanno per obiettivo la linea «intransigente» che anche la corrente di Palamara, Unicost, ha deciso di seguire.

L’intesa nel gruppo dirigente dell’Anm è adesso ristretta a tre gruppi: con Unicost ci sono la sinistra di Area e la corrente di Davigo, Autonomia e Indipendenza. La destra di Mi ha lasciato anche il comitato direttivo, tanto che per votare l’espulsione di Palamara si è dovuto interpretare lo statuto in modo da considerare la maggioranza dei due terzi richiesta come riferita solo ai presenti. La gestione in proroga del presidente Poniz (Area) e del segretario Caputo (Unicost) dovrà affrontare il delicato passaggio della riforma del Csm, e soprattutto della legge elettorale per la componente togata. La proposta ultra maggioritaria in campo, più che combattere il correntismo, sembra favorire un bipolarismo tra le due più grandi aggregazioni. Alla giunta esecutiva ieri il parlamentino dell’Anm ha voluto riconoscere una «rinnovata fiducia» e un «mandato politico pieno» proprio in vista della parte finale delle trattative con il ministro Bonafede. Ma il dissenso corre anche all’interno delle correnti, tant’è che si sono dimesse due magistrate della giunta esecutiva, Bianca Ferramosca di Unicost e Silvia Albano di Area. Prontamente sostituite da Stefano Giovagnoni e Stefano Celentano. Due uomini per due donne.

* Fonte: Andrea Fabozzi, il manifesto



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