Migranti. Muore bruciato nella sua baracca Mohamed Ben Ali

by redazione | 13 Giugno 2020 8:53

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E’ morto all’alba di ieri, carbonizzato all’interno della sua baracca: si chiamava Mohamed Ben Ali, bracciante di 37 anni originario del Chad, ed era uno dei tanti invisibili che da anni vivono nel ghetto di Borgo Mezzanone, frazione del comune di Manfredonia in provincia di Foggia. Nel quale insistono decine di baracche costruite con mezzi di fortuna, legno, plastica, lamiere, sorte accanto alla pista che un tempo costituiva una base dell’aeronautica militare, ormai dismessa.

Ad accorgersi dell’incendio i vigili del fuoco presenti con una sede distaccata all’interno del Cara di Borgo Mezzanone aperto nel 2005, nato nel 1999 come roulottopoli all’epoca dell’emergenza dei profughi provenienti dal Kosovo. Giunti sul luogo e domato l’incendio, soltanto in un secondo momento si sono accorti della presenza del corpo carbonizzato del giovane originario del Chad.

Pare che Mohamed, che si faceva chiamare da tutti Bayfall, fosse molto conosciuto all’interno del ghetto, perché oltre ad avere un carattere solare, era gentile e sorridente con tutti, come hobby amava fare le treccine ai capelli dei suoi amici, oltre a vendere braccialetti ed altra piccola bigiotteria per sostentarsi.

UNA MORTE atroce, beffarda, per chi già è ridotto a vivere da anni una vita di sfruttamento e schiavitù. Una situazione atavica che riguarda migliaia di braccianti in tutta Italia ed in particolare nelle regioni del Sud. Mohamed è infatti la quinta vittima da rogo soltanto nell’ultimo anno e mezzo. Era già capitato lo scorso 4 febbraio quando a causa dello scoppio di una bombola di gas divampò un incendio che provocò la morte di una donna africana di trent’anni che riportò ustioni sul 90% del corpo.

Un episodio analogo si verificò ad aprile dello scorso anno quando un rogo causo il decesso di un gambiano di 26 anni. Ancora prima il primo novembre 2018 in un altro devastante incendio perse la vita un altro giovane africano, sempre originario del Gambia.

MA L’ELENCO sarebbe potuto essere molto più lungo, visto che gli incendi all’interno del ghetto sono quasi all’ordine del giorno. Mancando oltre all’acqua corrente anche un allaccio per il gas e l’energie elettrica, l’utilizzo di candele (quello che forse ha causato il rogo di ieri), di stufe o fornelli elettrici è spesso causa di roghi improvvisi all’interno delle baracche.

La Regione Puglia, dopo aver provveduto allo sgombero umanitario del «Gran Ghetto» ubicato tra Rignano Garganico e San Severo nel marzo del 2017, lo scorso anno ha avviato insieme alla prefettura di Foggia un capillare abbattimento delle baracche del ghetto di Borgo Mezzanone. Attraverso il Piano triennale per le politiche migratorie approvato nel 2018, sono sorte a San Severo una struttura abitativa presso l’azienda agricola di proprietà regionale «Fortore» gestita dall’associazione «Ghetto Out – Casa Sankara», dove risiedono 400 ospiti: altri centocinquanta risiedono presso la struttura «L’Arena». Sempre due anni fa la Giunta regionale deliberò la realizzazione di tre foresterie per i braccianti stagionali: due in Provincia di Foggia, ad Apricena e San Severo, capaci di ospitare ognuna 400 lavoratori, la terza in Provincia di Lecce, a Nardò, in grado di accogliere 200 braccianti immigrati.

Ciò nonostante, il Gran Ghetto di Rignano Garganico e quello di Borgo Mezzanone sono tornati in poco tempo a ripopolarsi. A Borgo Mezzanone da anni ‘vivono’ oltre un migliaio di braccianti stagionali, sfruttati dai caporali e da aziende agricole locali nella raccolta di frutta e ortaggi. Ma demolire e abbattere, come dimostrato più volte nel recente passato, non serve a nulla se non si provvede a dare a questi braccianti una degna sistemazione abitativa.

CHE SEGUE di pari passo quella riguardante il trasporto sui luoghi di lavoro: nell’agosto del 2018, in due distinti incidenti stradali verificatisi l’uno a pochi giorni dall’altro, morirono 16 braccianti.
Quanto avvenuto all’alba di ieri «è frutto di una condizione inaccettabile, come lo è vivere in alloggi di fortuna, in baraccopoli e ghetti. Al di là dell’indignazione e della rabbia per quanto accaduto, crediamo che si tratti di una ennesima morte annunciata di cui esistono i responsabili» ha commentato Davide Fiatti, segretario nazionale Flai Cgil. «I ghetti vanno chiusi e trovate soluzioni abitative dignitose per i lavoratori stranieri che hanno diritto a un salario secondo contratto e di vivere in condizioni di sicurezza. Borgo Mezzanone, come altri non-luoghi, non sono degni di un paese civile, che non solo ha il dovere dell’accoglienza ma anche del rispetto delle persone. Persone di cui alcuni si accorgono solo quando mancano le braccia per lavorare nei campi. Si applichi veramente la legge 199 – conclude Fiatti – e si mettano in atto tutte le misure, straordinarie e non, per evitare il ripetersi di simili situazioni».

* Fonte: Gianmario Leone, il manifesto[1]

 

foto: Ghetto Out – Casa Sankara

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