Coronavirus in Brasile. Bolsonaro contagiato, ma in buona salute politica

by redazione | 8 Luglio 2020 10:37

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Voci e smentite sulla presunta positività di Bolsonaro al Covid si erano rincorse più volte nei mesi scorsi, ma stavolta è ufficiale: il presidente è stato contagiato. E non è certo una sorpresa, considerando la sua abitudine ad andarsene in giro senza mascherina distribuendo strette di mano e abbracci.

È STATO LO STESSO presidente ad annunciare ieri ai giornalisti il risultato del tampone, dopo aver già reso noto di avere i sintomi del virus e di aver iniziato il trattamento con la idrossiclorochina. E poche ore prima che il risultato del tampone venisse reso pubblico, aveva già avuto modo di magnificare gli effetti del farmaco: dopo la seconda dose, aveva affermato, la febbre era scesa da 38 a 36.

Lo spot è continuato anche in conferenza stampa: «In una fase iniziale, l’idrossiclorochina ha un’efficacia quasi del 100%», ha detto precisando di stare «molto bene». Un’insistenza dettata dallo scopo di dimostrare che aveva ragione due volte: sul fatto che il Covid è in fondo una gripezinha, una febbretta – «non c’è bisogno di entrare in panico», «bisogna tornare a lavoro» -, e che l’idrossiclorochina è una cura miracolosa come da lui sempre sostenuto, si suppone a causa delle sue simpatie per Renato Spallicci, presidente della Apsen, l’industria farmaceutica produttrice del Reuquinol (il cui principio attivo è appunto la idrossiclorochina).

LA NOTIZIA DELLA POSITIVITÀ di Bolsonaro ha fatto tremare, tra molti altri, anche l’ambasciatore degli Stati uniti in Brasile Todd Chapman, il quale, il 4 luglio, aveva ricevuto il presidente, il figlio Eduardo e 5 ministri, tutti allegramente senza mascherina, in un pranzo celebrativo in occasione della festa dell’Indipendenza Usa. Al momento, comunque, Todd ha comunicato di non avere alcun sintomo, pur essendosi sottoposto al tampone a scopo precauzionale.

La notizia ha scatenato in Brasile reazioni accesissime sulle reti sociali, considerando che ai primi posti tra i trending topics di Twitter è comparso l’augurio che il virus si accanisca con particolare ferocia su Bolsonaro. È l’effetto del clima di odio generato dallo stesso clan presidenziale, che ora, tuttavia, lamenta l’assenza di solidarietà degli altri poteri dello stato. Lo fa attraverso uno dei figli del presidente, Carlos, indicato proprio come il responsabile del cosiddetto «gabinetto dell’odio», la presunta organizzazione criminale impegnata nella produzione di fake news su cui ha aperto un’inchiesta la Corte suprema. E da più parti è stato ricordato il messaggio postato da Bolsonaro quando Dilma Rousseff aveva annunciato di avere il cancro: «Spero che se ne vada, con un infarto, con il cancro, in qualunque modo».

SE LA VITA DI BOLSONARO non sembra comunque in pericolo, non lo è neppure la sua sopravvivenza alla guida del Paese. L’accordo del governo con il Centrão, il blocco parlamentare dei partiti di centro e centro-destra fino a poco tempo fa oggetto degli attacchi del presidente, lo ha infatti messo al riparo dal rischio di un processo di impeachment, di cui esistono più di 30 richieste presso la presidenza della Camera dei deputati.

A chiarirlo è stato anche uno che di impeachment se ne intende assai bene, essendo stato tra gli artefici della messa in stato d’accusa, senza fondamento, di Dilma Rousseff: l’ex presidente golpista Michel Temer, il quale ha affermato senza pudore che «l’impeachment non può diventare una moda» e che dunque Bolsonaro, malgrado la lunga serie di reati commessi, deve restare al suo posto.

NEPPURE L’ARRESTO di Fabrício Queiroz, il tesoriere del clan e l’uomo chiave dei suoi affari illeciti, l’amico intimo del presidente a conoscenza dei più inconfessabili segreti della famiglia, ha finora indotto il Congresso a procedere alla destituzione del figlio Flávio e all’impeachment del padre. E la ragione è fin troppo chiara: l’oligarchia brasiliana, al di là dei suoi generici manifesti a favore della democrazia, è assai più interessata ad assicurare la continuità del saccheggio del Paese che a togliersi di torno il pur molesto e impresentabile presidente. Approfittando semmai della sua crescente debolezza per alzare l’asticella delle sue pretese e così incassando, per esempio, il via libera del Senato alla privatizzazione del settore idrico o l’approvazione della misura provvisoria 936, che, in piena pandemia, autorizza la sospensione dei contratti di lavoro e la riduzione dei salari.

E tanto meno l’oligarchia mostra di preoccuparsi per l’incompetenza e la negligenza rivelate dal governo nella gestione della pandemia, malgrado il milione e 600 mila contagi e gli oltre 66 mila morti. Dopotutto, a pagare, sono soprattutto i poveri, come ha indicato uno studio dell’Università federale di Pelotas, secondo cui il tasso di contagio tra i neri (5,6%) e gli indigeni (5,4%) è circa cinque volte superiore a quello tra i bianchi e i ricchi, fermo all’1,1%.

ALLA CRIMINALE indifferenza del governo e della classe dirigente, provano a rispondere i popoli indigeni, i quilombolas, i contadini, i difensori della natura, convocando la prima Assemblea Mondiale dell’Amazzonia, che si terrà online il 18 e 19 luglio (in Italia sarà possibile seguirla alle 22).

* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto[1]

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