Scuola. Ancora 50mila studenti senza spazi per il distanziamento
«Erano un milione, risolveremo» ha detto la ministra in una conferenza stampa del governo. Non convincono i numeri e le politiche sui precari
In una conferenza stampa sulla scuola ieri il presidente del Consiglio Conte, insieme ai ministri Azzolina (Istruzione), Speranza (Sanità) e De Micheli (Trasporti), ha rassicurato che l’inizio della scuola non sarà un caos e avverrà «in sicurezza». È stata una precisazione ritenuta necessaria perché il governo ha contribuito notevolmente alla confusione. Il 14 apriranno le aule solo in Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e Sicilia (anche se qui i presidi possono rinviare). Entro il venerdì 18 queste regioni dovranno richiuderle per ospitare la consultazione referendaria e, dove si vota, le elezioni regionali di domenica 20 e lunedì 21. Il vero inizio della scuola sarà tra martedì 22 e giovedì 24 quando riapriranno anche la Sardegna e poi Abruzzo, Basilicata, Calabria, Puglia e Campania. Tutto questo non è accaduto per il covid, ma per decisione del governo che ha fissato le dati elettorali senza avere pensato di renderle compatibili con l’inizio di un anno scolastico particolarmente teso e difficile dopo sei mesi di chiusura forzata per bloccare la pandemia del Covid a marzo.
PER L’ASSOCIAZIONE nazionale dei presidi (Anp) la riapertura del 14 sarà «difficile» per il ritardo della consegna dei banchi e dei pochi spazi a disposizione per ospitare gli studenti che non possono restare nelle aule ristrette come previsto dai protocolli sul distanziamento. «A quanto sappiamo- sostiene il presidente dell’Anp Antonello Giannelli – la consegna dei banchi monoposto è in grave ritardo (sarebbero 100 mila su 2 milioni e 400 mila, ndr.). Altre due criticità importanti sono quelle delle aule, perché gli enti locali non le hanno reperite ovunque, e l’assegnazione piena dell’organico». Su queste basi i presidi prevedono che ci saranno numerose eccezioni a livello locale. Significa che l’inizio della scuola sarà ulteriormente differenziato scuola per scuola. «A scartamento ridotto» l’ha definito Mario Rusconi (Anp Lazio).
DAL CORTILE di palazzo Chigi il governo ha ridimensionato l’emergenza. Sull’epica questione dei banchi, con e senza rotelle, e su quella delle cosiddette «classi pollaio» la ministra dell’Istruzione Azzolina sostiene che è stato «recuperato in due mesi un ritardo sulla scuola di quasi 20 anni. Un istituto su tre ha avuto almeno un intervento di edilizia leggera, sono oltre 5.177 le aule in più ricavate, 4.812 quelle ampliate per un totale di quasi 10mila aule». L’affitto di spazi esterni alle scuole (dalle parrocchie ai teatri) permetterebbe di ospitare oltre 200 mila studenti. A quattro giorni dal quasi inizio della scuola sarebbero privi di uno spazio per il distanziamento «50 mila studenti». Andranno in classe lo stesso, mantenendo la mascherina in tutte le lezioni. I 100 milioni stanziati negli ultimi giorni dovrebbero servire a rastrellare altri spazi necessari per ospitarli. «Erano 1 milione, risolveremo» ha detto Azzolina. L’affanno, e la precarietà, di questa ricerca iniziata con molto ritardo rispetto ai sei mesi di chiusura non lasciano intendere che il problema storico dell’edilizia scolastica sia stato risolto come ha fatto intendere il premier Conte che ha rivendicato i «due miliardi» stanziati. Le cifre però non fanno una politica.
CI SONO MOLTI problemi sul nodo dei precari e dei supplenti tra docenti e personale Ata. Conte ha esibito la cifra stupefacente di «160 mila nuovi docenti». Una novità nel crescendo dei conti fatti dal governo negli ultimi mesi. La cifra si è persa nell’afa romana di metà pomeriggio. È probabile che, impegnati in una comunicazione enfatica, i ministri abbiano fatto una somma a braccio per fare impressione. Ci sono i 72 mila docenti che saranno assunti in maniera scaglionata nei prossimi anni attraverso vari concorsi. L’assunzione sarà opportunamente retrodatata al 1 settembre 2020 così da rivenderla come già fatta quest’anno. Solo una parte di questi docenti (32 mila) riuscirà, forse, ad andare in cattedra entro questo anno scolastico. Poi ci sono le assunzioni finanziate pari a 84 mila. A causa di un sistema di reclutamento folle e disfunzionale che penalizza soprattutto il Nord del paese solo poco più di 22 mila docenti avranno una cattedra. Come ogni anno del resto. Il resto dei posti cosiddetti «vacanti» sarà riempito da circa 60 mila precari, meno i 2.500 della fallimentare «call veloce»: un sistema che obbliga i docenti a restare cinque anni in un’altra regione, a proprie spese e con il Covid. Dunque, 72 mila più 84 mila fa 156 mila. Una cifra vicina a quella fatta ieri da Conte. Ma solo meno di un terzo andrà in cattedra, a tempo indeterminato, a partire dal 14 settembre. I problemi non sono stati risolti.
I CONTI NON TORNANO sul resto del precariato sul quale è altissimo il tasso di propaganda. Azzolina ha sostenuto che i precari non saranno «200 mila», ma «60 mila», ovvero quelli che andranno a coprire i posti vacanti. Saranno almeno il doppio, anche a causa delle cattedre lasciate vuote negli anni scorsi. E ha dimenticato gli insegnanti precari sul sostegno che sono la gran parte. Un’altra cifra misteriosa è stata fatta sugli iper-precari, definiti «docenti covid». Dovrebbero essere 50 mila, a cui si aggiungeranno altri 20 mila dal personale Ata. Saranno assunti in un «secondo step» ha precisato Azzolina. Nell’anglo-inglese ministeriale significa che saranno scelti dai presidi una volta esaurite le procedure di reclutamento dalle contestate graduatorie online. Non una parola è stata spesa su questo precariato creato dal governo. In caso di lockdown sarà licenziato per «giusta causa» e «senza indennizzo».
SULLA GAZZETTA ufficiale è stato pubblicato il decreto dove si chiarisce che, in caso di positività di uno studente, i genitori potranno avere il congedo parentale perdendo il 50% dello stipendio e potranno fare il «lavoro agile». Ma questo solo se avranno figli fino a 14 anni. Per chi ha la prole alle superiori no. Le famiglie, e non le Asl nelle scuole, misureranno le temperature degli studenti. Se qualcuno fosse «sorpreso» (così ha detto Conte) con i sintomi del Covid saranno allertati i genitori i quali dovranno «contattare il medico». Poi «insieme con le Asl valuteranno se fare il tampone e eventualmente disporre la quarantena della classe». I margini di incertezza sembrano notevoli in questo modo di procedere. Se poi sarà un docente ad andare in quarantena «si farà didattica a distanza» ha aggiunto Azzolina. Si presume che tale docente sarà ammalato. Ed è probabile che non potrà lavorare. Ma non sembra essere un problema. Per ora.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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