Thailandia in rivolta. I giovani di Bangkok sfidano il re, i militari e i tycoon

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Ieri Bangkok è tornata la città di sempre. Traffico, caldo e il lento scorrere del Chao Phraya, il «fiume dei re» che attraversa la capitale tailandese anche conosciuta come Krung Thep, la Città degli Angeli.

Ma tra sabato e domenica, Bangkok e stata davvero la città degli angeli e assai meno la capitale del re di una delle monarchie più longeve (e autoreferenziali) del pianeta. Sabato diverse decine di migliaia di abitanti – in gran parte giovani studenti ma non solo – si sono riversati in centro per tenere l’ennesima manifestazione di protesta che chiede di cambiare la Costituzione, le dimissioni del premier e un ridimensionamento del ruolo della corona, cui non dovrebbero competere ingerenze politiche.

La novità del corteo, protrattosi nella notte con concerti e balli e terminato domenica mattina con la posa di una placca metallica con la data «20 settembre» (sostituisce l’originale del 1932 per la fine della monarchia assoluta rimosso nottetempo nel 2017), non sono solo i numeri e la partecipazione mai vista così di massa.

Le novità sono la possibile creazione di un partito – per ora semplicemente People’s Party – e la presenza in piazza dell’opposizione parlamentare (il Pheu Thai che sostiene gli ex premier Shinawatra, all’inizio tiepido con la protesta) e delle nuove stelle della politica “tradizionale” tra cui spiccava il milionario modernista e progressista Thanathorn Juangroongruangkit (espulso dal parlamento con un cavillo) del Future Forward Party (sciolto nel 2020 dopo gli ottimi risultati alle elezioni del 2019).

Non solo: l’agenda delle prossime mosse è piena. Il nuovo appuntamento davanti al parlamento è per domani, mercoledì, per chieder conto di una lista di domande per ora solo consegnate dai leader studenteschi sabato alla polizia che li aveva dissuasi dal marciare verso gli uffici del premier Prayut Chan-o-cha. E in piazza il 14 ottobre quando il Paese sarà chiamato a uno sciopero generale.

Gli studenti hanno chiesto intanto che il loro manifesto sia sottoposto anche al Privy Council, il Consiglio del re, una sorta di Camera privata eletta dal monarca, segnatamente uno degli oggetti delle richieste del movimento. Movimento variegato ma in grado di originare consenso e che ha già dei leader noti e agguerriti come Parit “Penguin” Chiwarak o Panusaya Sithijirawattanakul dell’United Front for Thammasat and Demonstration e più in generale del cosiddetto Free Youth Movement.

I loro simboli sono il saluto con tre dita – mediato dal film del 2012 di Gary Ross Hunger Games – e la partecipazione alla Milk Tea Alliance, che riunisce le proteste di Thailandia, Taiwan e Hong Kong da cui è forse arrivata la maggior ispirazione per il movimento.

Un movimento eminentemente politico – sempre meno solo giovanile – con idee chiare: contestare la casta militare ma anche quella dei tycoon, avere libertà di critica anche su quel che fa il monarca, cambiare una Costituzione voluta dai militari che dà loro potere di veto (la Camera Alta non viene eletta ma scelta) in Parlamento

* Fonte: Emanuele Giordana, il manifesto



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