Stati Uniti. In Pennsylvania c’è posta per i democratici

by redazione | 21 Ottobre 2020 11:09

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Dal microfono silenziato per l’ultimo dibattito con Biden alla stampa che si «ostina» a parlare dell’epidemia di Covid-19, Trump è sempre più nervoso. E si vede

NEW YORK. La Corte suprema degli Stati uniti ha respinto un appello presentato dai repubblicani per limitare il voto per corrispondenza in Pennsylvania. Una sentenza potenzialmente cruciale per quello che è uno Stato chiave: consentirà di contare le schede arrivate per corrispondenza anche dopo il giorno delle elezioni, a condizione che siano contrassegnate 3 novembre e ricevute fino a tre giorni dopo questa data.

Il presidente della Corte suprema John Roberts si è unito ai tre giudici liberal, dando vita a una situazione di stallo 4-4 che, se in questo caso, fa tirare un sospiro di sollievo, contemporaneamente genera preoccupazioni su come la Corte si pronuncerà in futuro, supponendo che Amy Coney Barrett sia confermata come sesta giudice conservatrice.

A oggi la sentenza è una vittoria per i democratici, che avevano chiesto l’estensione a un tribunale minore, e una sconfitta per i repubblicani, che avevano chiesto in seguito l’intervento della Corte suprema: secondo i dati statali raccolti da Michael McDonald, professore di legge all’Università della Florida, in Pennsylvania quasi 900mila elettori hanno già spedito le schede.

LA PENNSYLVANIA in genere richiede che i voti inviati per posta arrivino entro la notte delle elezioni per poter essere contati, ma il mese scorso, citando potenziali ritardi del servizio postale a causa della pandemia di Covid-19, la Corte suprema dello Stato aveva prorogato il termine di tre giorni.

PER UNO STATO decisivo nell’assegnare la presidenza (e che nel 2016 era andato a Trump), la sentenza è importantissima. Intanto l’atmosfera pre elettorale continua a essere tesa: in Colorado il governatore Jared Polis ha attivato membri della Guardia nazionale per assistere negli sforzi di difesa della sicurezza informatica durante il voto. Notizie che non tranquillizzano Trump che appare sempre più nervoso quando, tra un comizio e l’altro, tiene conferenze stampa improvvisate solitamente prima di salire sull’Air Force One.

In una di queste occasioni The Donald si è lamentato della nuova regola introdotta per il prossimo dibattito presidenziale in calendario per domani: i microfoni dei due candidati verranno spenti a turno per consentire a ciascun candidato di parlare per un blocco di tempo ininterrotto ed evitare il caos del primo incontro.

La formula, secondo il team della campagna di Trump, per qualche ragione avvantaggia Biden. Il tycoon si è spinto fino a descrivere la moderatrice del dibattito finale, Kristen Welker della Nbc, «estremamente ingiusta, di parte e liberal».

GLI ATTACCHI AI MEDIA non sono finiti qui. A far innervosire Trump è anche il modo in cui i giornalisti trattano l’emergenza di Covid-19, ostinandosi a occuparsene nonostante gli americani «si stiano stancando della pandemia». L’affermazione arriva mentre è ancora nell’aria l’eco degli attacchi di Trump ad Anthony Fauci, virologo alla direzione del Center for Disease Control.

Il senatore Lamar Alexander, repubblicano del Tennessee, ha difeso pubblicamente Fauci, dicendo che il paese avrebbe meno casi di virus se le persone lo ascoltassero. Ma è tutta la comunità scientifica e anche gran parte dell’opinione pubblica a schierarsi con il virologo.

A Fox and Friends Trump ha fatto un piccolo dietrofront, a modo suo: «Fauci è un bravo ragazzo. A volte non un giocatore di squadra. È un democratico (Fauci non è registrato a nessun partito, ndr), è un buon amico dei Cuomo. Ai giornalisti piace solo perché pensano sia contro di me»

* Fonte: Marina Catucci, il manifesto[1]

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