Varato il decreto “ristori” per tamponare i danni dei prossimi lockdown

by redazione | 28 Ottobre 2020 8:56

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Indennizzi per le «categorie» colpite dalla chiusura: bar, ristoranti, teatri, cinema. Prolungato il «reddito di emergenza» e i paletti che aumentano gli “invisibili

Cinque miliardi e quattrocento milioni di euro (6,2 di saldo netto da finanziare) sono stati stanziati dal governo con il «decreto ristori» per compensare le perdite subite dalle aziende colpite dalle chiusure improvvise imposte dal «Dpcm» di domenica scorsa. Il non detto di questo provvedimento è questo: se il lockdown temporaneo di un mese di piscine, palestre, centri benessere e termali, teatri, sale cinematografiche e sale gioco, bar e ristoranti dalle 18, convegni e sagre, e i rispettivi indotti, dovesse durare oltre il 24 novembre, o si dovesse ampliare ad altri settori, allora potrebbe arrivare un altro decreto che prolunga le misure contenute oggi in un provvedimento composto da 32 articoli. Fino a quando durerà la pandemia, e le decisioni saranno prese in base all’andamento della curva epidemica, le attività economiche, culturali, scolastiche saranno chiuse e riaperte a seconda delle contingenze, e in ragione dei rapporti tra i vari livelli del governo: dall’esecutivo agli enti locali, e viceversa. Tanto più a lungo durerà questo andamento a fisarmonica , tanto più aumenterà i rischi per le aziende e di disoccupazione e precarietà per i lavoratori.

IN UNA CONFERENZA stampa da Palazzo Chigi ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ribadito l’intenzione di «arrivare al Natale». Per ricominciare a consumare. Altrimenti, sostiene un rapporto Censis-Confimprese, le perdite potrebbero essere di 25 miliardi di euro. Sensibile a questi scenari il governo ha anticipato chiusure probabilmente insufficienti per arrivare a «riaprire» a dicembre. Dopo le feste, com’è già accaduto dall’estate in poi, i contagi potrebbero tornare a crescere. E si tornerà a chiudere. E così all’infinito. Lo scenario non sembra essere contemplato da nessuno, oggi. Considerata l’esperienza varrebbe invece la pena di valutarlo. Non lo si fa perché sono ancora in molti ad avere il timore di dire che il Covid, conseguenza di un sistema di produzione ad alto sfruttamento della vita animale e della forza lavoro, mette in crisi un’intera organizzazione della società.

I PILASTRI DEL DECRETO torrenziale approvato ieri dal Consiglio dei ministri sono almeno due: compensare almeno 350 mila imprese delle perdite subite dal «lockdown» e assicurare una copertura alle casse integrazioni per i dipendenti fino al 31 gennaio, oltre a una serie di bonus occasionali per alcune categorie di partite Iva, precari e poverissimi. Per le imprese: si prevede un nuovo contributo a fondo perduto, senza limiti di fatturato, anche a chi supera i 5 milioni di euro e avrà un tetto massimo di 150 mila euro. A chi lo ha già richiesto da marzo sarà accreditato automaticamente sul conto corrente ed erogato entro il 15 novembre. Per chi non l’ha chiesto, può presentare domanda e riceverlo entro il 15 dicembre. Per le discoteche chiuse il ristoro dovrebbe arrivare al 400%. Per i ristoranti è previsto il 150% di quanto già avuto a fondo perduto con il «decreto Rilancio». Bar e pasticcerie, cinema e teatri avranno il 200%. Che cosa significa? Se un bar ha ricevuto 2 mila euro, ora riceverà 3 mila euro. Se un cinema o una palestra hanno avuto 2 mila euro avranno 4 mila. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha fatto alcuni esempi di importi medi per i ristoranti: per quelli che hanno un fatturato da 400 mila euro ci sarà un risarcimento di 5 mila euro; con 1 milione di fatturato, risarcimento da 13 mila euro, con oltre 5 milioni, 25 mila. Per i teatri e le sale concerto i «ristori» possono arrivare fino a 30 mila euro. Resta da capire se tutto questo servirà alle attività familiari o individuali a sopravvivere, anche in vista di altre chiusure.

LO STATO RISARCITORE ha aggiunto a queste misure lo stop alla seconda rata Imu in scadenza il 16 novembre, lo stop al pignoramento degli immobili fino al 31 dicembre; tre mensilità al 60% per il credito d’imposta sugli affitti per i commercianti costretti a chiudere. Sul lato lavoro sono state aggiunte sei settimane di cassa integrazione per i dipendenti utilizzabili dal 16 novembre al 31 gennaio 2021 o, in alternativa, altre 4 settimane di esonero contributivo. Nella legge di bilancio saranno stanziate le risorse per 18 settimane complessive. Un tampone in vista di un presumibile allungamento delle scadenze. Il Covid, come lo stato di emergenza, non finirà dopo il 31 gennaio.

SULLE TUTELE dei lavoratori il governo continua ad inseguire l’emergenza e non intende riformare il Welfare. Se la logica assicurativa è solo parzialmente efficace per evitare un fallimento di una piccola azienda, nel caso di un precario radicalizza il suo dramma sociale individuale con misure temporanee, insufficienti e senza prospettive. Dare 800 euro «una tantum» ai precari dello sport, 1000 agli stagionali del turismo o un altro paio di rate di «reddito di emergenza» da 400 euro ai poverissimi non aiuta nessuna di queste persone a mantenere un’autonomia nella crisi, ma le vincola all’incertezza degli aiuti che verranno dalla prossima emergenza. Senza un sistema di tutele universali e un reddito incondizionato sarà un calvario. Dopo, sarà un inferno.

IN QUESTA PIOGGERELLA di bonus nel deserto sociale che avanza emerge il profilo di una società reinfeudata in corporazioni e ceti, mentre le diseguaglianze aumentano. Il governo fa poco o nulla per evitarle e continua a sperare che la crisi sia un’eccezione e alla fine il sole del mercato tornerà a splendere come prima, più di prima. Non sarà così

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto[1]

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