by redazione | 11 Novembre 2020 17:58
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia: il nostro Paese ha violato il diritto Ue sulla qualità dell’aria, e lo ha fatto «in maniera sistematica e continuata», tra il 2008 e il 2017, sforando in più zone del Paese i «valori limite applicabili alle concentrazioni di particelle PM10».
Si chiude così il primo ciclo della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nel 2014. Secondo la Corte, come spiega la sentenza pronunciata il 10 novembre, l’Italia non ha nemmeno adottato – almeno fino al 2018 – «misure appropriate al fine di garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate», valori limite violati su base quotidiana e su base annuale.
Sono passati esattamente vent’anni dall’entrata in vigore della prima direttiva Ue sulla qualità dell’aria (era il 16 novembre del 2000). La sentenza della Corte di Giustizia che condanna l’Italia evidenzia come il nostro Paese abbia anche omesso «di adottare, in tempo utile, le misure in tal senso imposte» per garantire la salubrità dell’aria.
L’Italia ha provato a difendersi affermando che la direttiva 2008/50 – quella in vigore – «prevedrebbe solo un obbligo di riduzione progressiva dei livelli di concentrazione di PM10 e, pertanto, il superamento dei valori limite fissati per il PM10 da questa stessa direttiva avrebbe l’unico effetto di obbligare gli Stati membri ad adottare un piano per la qualità dell’aria», ma la Corte ha rimbalzato questa argomentazione. Sottolineando, anzi, come i piani regionali «che hanno previsto i termini per la realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria annunciano un periodo di realizzazione che può protrarsi per più anni o talvolta addirittura per due decenni dopo l’entrata in vigore dei valori limite fissati per il PM10». Per l’Emilia Romagna e la Toscana, ad esempio, il termine per la realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria è stato stimato nel 2020, per il Veneto e la Lombardia nel 2025 e per la Regione Piemonte nel 2030. Altri piani – quelli di Umbria, Lazio, Campania e Puglia – non contengono proprio indicazioni sul termine previsto per il raggiungimento degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria, sottolinea la sentenza.
Nella sentenza la Corte Ue non ha dato nemmeno rilevanza alla circostanza di una presunta estensione limitata delle aree di superamento dei limiti, invocata dall’Italia nel tentativo di difendersi. Secondo la debole difesa dell’Italia gli sforamenti sarebbero concentrati nella Pianura Padana, e non estesi a tutto il territorio nazionale.
La realtà, evidenzia il testo a disposizione sul sito della Corte (curia.europa.eu), è però un’altra: il problema della qualità dell’aria non riguarda solo la Pianura Padana, ma interessa anche la valle del Sacco, l’agglomerato di Roma, l’area di Napoli e Caserta, la zona di Prato e Pistoia, il Valdarno Pisano e la Piana Lucchese, la Conca Ternana e la zona collinare di Benevento, la Puglia e l’agglomerato di Palermo.
Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha affidato a un comunicato stampa la risposta del governo: «La sentenza sul superamento dei limiti di PM10 non ci coglie di sorpresa, visti i dati su cui è basata e che sono incontrovertibili alla prova dei fatti. Dati che, benché si fermino al 2017, indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto. Fin dal mio insediamento, nel 2018, ho messo in campo tutti gli strumenti possibili, in accordo con le Regioni, per affrontare il tema della qualità dell’aria. Sottolineo infatti che ogni anno sono almeno 80mila le vittime dovute a questa problematica che investe soprattutto il Bacino Padano, ma non soltanto. Credo che questa pronuncia debba essere uno stimolo per tutto il Governo a far di più».
Rispetto alla qualità dell’aria l’Italia vede al momento tre procedure di infrazione aperte, ricorda il ministero dell’Ambiente: oltre quella relativa al superamento dei livelli di polveri sottili PM10 sono infatti da contare le due ulteriori relative al superamento dei livelli di ossidi di azoto, oggetto di ricorso presso la Corte di Giustizia UE, e polveri ultrasottili PM2,5, aperta la scorsa settimana
* Fonte: Luca Martinelli, il manifesto[1]
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