Diritti globali: il 2020 l’anno del ‘virus contro i diritti’

by ANSA | 12 Dicembre 2020 16:56

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“È stato un anno duro e difficile. Per tutti”, ma non per tutti allo stesso modo: “Le diseguaglianze abissali, cresciute negli scorsi decenni, si sono approfondite ulteriormente durante la pandemia da coronavirus”.
Il diciottesimo Rapporto sui diritti globali, intitolato “Il virus contro i diritti”, ripercorre i dodici mesi che hanno sconvolto l’intero pianeta, gli equilibri economici, sociali e ambientali.    Come scrive il curatore del Rapporto, Sergio Segio, a livello globale sono accresciute le “disuguaglianze economiche”, con milioni di nuovi disoccupati e di impoveriti, le “diseguaglianze di salute”, con differenti livelli di esposizione e di possibilità di cura, quelle “culturali e sociali”, e di genere e anagrafiche, perché quest’anno è stato “più duro per le donne, con percentuali ancora più elevate di violenza domestica e indici più elevati di perdita del lavoro.
E, naturalmente, più pesante per gli anziani”. Il volume è curato dall’associazione Società INformazione, con la Cgil ed edito da Ediesse-Futura.

Il progetto quest’anno è divenuto internazionale, in collaborazione dell’Association Against Impunity and for Transitional Justice, indagando lo “Stato d’impunità nel mondo”, ed è stato presentato al Parlamento Europeo. Nell’ultima parte raccoglie tante storie, a partire da quella ancora aperta di Patrick Zaki. E sulla copertina riporta i volti stilizzati di chi negli ultimi anni ha pagato con la vita la battaglia per i diritti e ne è diventato il simbolo, come Giulio Regeni, Daphne Caruana, George Floyd.

“Il virus – scrive il segretario della Cgil, Maurizio Landini – ha svelato crudelmente che uno sviluppo basato sulla finanza e sulla crescente diseguaglianza non è sostenibile né per l’uomo né per la natura, insieme alla fragilità del nostro sistema sociale e in particolare quello dell’assistenza delle persone”. Il rapporto mette in guardia dal “capitalismo dei disastri”, da “un mercato senza regole, che ha mobilitato gli appetiti e gli interessi delle multinazionali del digitale, oltre che del farmaceutico e della finanza speculativa” e da un futuro “delegato a tecnologie intelligenti”, dall’uso improprio dei Big Data, dalle ulteriori diseguaglianze della telemedicina o della didattica a distanza. Anche nei Paesi con una consolidata democrazia, “uno stato di emergenza, ovvero la necessità di governare una situazione nuova, difficile e temporanea, facilmente può slittare ed essere trasformato in uno Stato di eccezione”, sottolinea Segio, 90 Paesi hanno adottato leggi di emergenza, 42 misure che limitano la libertà di espressione, 122 che impediscono quella di assemblea o riunione, 41 con effetti sulla privacy. (ANSA).

 

Image by Gerd Altmann from Pixabay

 

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