Ungheria, raggiunta un’intesa a sei contro Orbán per le prossime elezioni

by redazione | 22 Dicembre 2020 10:56

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BUDAPEST. In Ungheria i sostenitori del cambiamento ripongono le loro speranze nell’accordo annunciato dai partiti dell’opposizione per far fronte comune contro la maggioranza governativa.

Si tratta della prima volta che le forze politiche opposte al Fidesz di Viktor Orbán raggiungono un’intesa in funzione di elezioni politiche. Le prossime sono previste per l’aprile del 2022.

Protagonisti dell’iniziativa sono sei partiti che vanno dai socialisti ai nazionalisti di Jobbik passando per soggetti di estrazione centrista, liberale e verde.

L’accordo mira alla costituzione di una lista nazionale e relativa presentazione di un solo candidato comune in ogni circoscrizione uninominale. A capo della lista ci sarà un unico candidato premier che verrà designato attraverso un meccanismo di elezioni preliminari secondo una pratica inusuale in Ungheria.

A ottobre dell’anno scorso il partito di Orbán aveva subito un rovescio alle elezioni amministrative. In quella circostanza il Fidesz aveva perso Budapest, che comunque non era mai stata una sua roccaforte, ed era uscito sconfitto dalle urne in diverse altre città del paese a partire da Pécs, Miskolc e Szeged. Il tutto grazie a un’alleanza stretta fra diversi partiti dell’opposizione e al patto di desistenza firmato da Jobbik.

Uno schema che è risultato vincente ma che lasciava sollevare dubbi sulla sua applicabilità a livello nazionale. Ciò non toglie che abbia incoraggiato quanti sperano in un cambiamento seppur difficile. «Uniti si può vincere», affermano i sostenitori delle opposizioni, si può per lo meno infastidire il sistema, potremmo aggiungere, soprattutto se i sei sapranno giocare bene le loro carte.

Al momento sembra che i numeri siano loro propizi, nel senso che i sondaggi mostrano un aumento dei consensi a favore dell’opposizione unita: 41% contro il 39% del Fidesz. Appare anche in diminuzione il numero degli astensionisti che finora rappresentavano oltre un terzo degli aventi diritto.

Si tratta di un’altra buona notizia dal momento che in questi anni Orbán ha potuto contare non solo sugli elettori a lui fedeli ma anche su una cospicua quota di apatici, indifferenti e rassegnati, utili al sistema.

Secondo l’istituto di sondaggi Medián il veto posto da Orbán insieme al suo omologo polacco Morawiecki al bilancio Ue per i prossimi sette anni non ha giovato alla popolarità del governo.

Pare che lo stesso si possa dire anche dell’arresto a Bruxelles dell’ex eurodeputato Fidesz József Szájer, mentre scappava da un festino a base di sesso al quale aveva partecipato violando le disposizioni anti Covid-19. Medián parla di circa mezzo milione di consensi venuti meno negli ultimi tempi.

I sei partiti dell’accordo si dicono pronti a lottare contro la corruzione attribuita all’esecutivo e contro la gestione governativa dei fondi Ue definita spesso dai critici tutt’altro che trasparente, assicurano un impegno fattivo per la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura e la difesa dello Stato di diritto. Intendono riscrivere la Costituzione e cambiare la legge elettorale in senso proporzionale.

Gli obiettivi ci sono, va dimostrata la capacità di realizzare almeno quello di fondo che consiste nel dar vita a un’opposizione compatta che sappia rappresentare l’altra Ungheria, quella che non si riconosce in Orbán. Sarà già un risultato.

* Fonte: Massimo Congiu, il manifesto[1]

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