Covid. Via libera al vaccino di AstraZeneca, ma restano i dubbi
Dopo il via libera dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) al vaccino anti-Covid-19 sviluppato all’università di Oxford e prodotto dalla AstraZeneca, anche l’agenzia italiana Aifa ha dato la sua autorizzazione per l’uso nella popolazione al di sopra dei 18 anni di età. Con il “vaccino inglese”, più quelli già in uso della Pfizer e di Moderna basati sul mRna, anche in Italia i vaccini ora sono tre. Secondo i vertici di Aifa, il nuovo vaccino rappresenta «una valida opzione aggiuntiva nel contrasto della pandemia, anche in considerazione della maggiore maneggevolezza d’uso». A differenza degli altri vaccini, quello di AstraZeneca può essere conservato a 2-8 °C. Questo consentirà di aumentare i punti di vaccinazione coinvolgendo in futuro anche i medici di base.
Mentre nei due precedenti vaccini l’autorizzazione dell’Aifa era stata poco più di una ratifica formale, nel caso di AstraZeneca l’esito della riunione della Commissione tecnico-scientifica non era scontato. I vaccini già autorizzati avevano dimostrato un’efficacia di circa il 95% nei test. I dati forniti da AstraZeneca mostrano un’efficacia inferiore, pari al 59,5%, nella riduzione delle infezioni asintomatiche. Un risultato assai diverso da quello anticipato a dicembre dall’ad dell’azienda Pascal Soriot, che aveva parlato di un vaccino «all’altezza dei rivali».
ANCHE L’EFFICACIA nelle classi più anziane è ancora un mistero. In una nota, Aifa parla di «un livello di incertezza nella stima di efficacia nei soggetti sopra i 55 anni in quanto tale popolazione (nella quale tuttavia si è osservata una buona risposta anticorpale) era scarsamente rappresentata» nei test. Nonostante l’assenza di dati clinici, Aifa ha autorizzato il vaccino anche per questa fascia, limitandosi a raccomandare l’uso dei vaccini Pfizer e Moderna al di sopra dei 55 anni di età e del vaccino AstraZeneca al di sotto. Rimane l’incognita dell’intervallo tra la prima e la seconda dose: allungarlo permette di somministrare la prima dose a più persone ma non ci sono dati affidabili sulla protezione che si ottiene senza la seconda. L’Agenzia promette approfondimenti.
ORA SARANNO il commissario straordinario Domenico Arcuri, il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità a decidere che uso fare del vaccino. Il piano vaccinale, appena aggiornato, sarà verosimilmente modificato. La versione attuale prevede che, dopo i circa 1,5 milioni di operatori sanitari e non che hanno già ricevuto almeno una dose, nei prossimi due o tre mesi siano immunizzati gli anziani ultraottantenni e gli ospiti delle Rsa. Tenendo conto delle raccomandazioni dell’Aifa, il piano prevederebbe di tenere le fiale di AstraZeneca in frigorifero, un’eventualità già nettamente esclusa da Arcuri. Più probabile che qualche categoria più giovane – si parla di forze dell’ordine, insegnanti o di lavoratori essenziali – sia portata in cima alla fila. A questo punto nessuno sa quando riceverà un vaccino, e quale.
Non sarà l’ultima modifica perché altre incognite sono dietro l’angolo. Da un lato, pesano i tagli alla forniture annunciati da tutti i produttori dei vaccini fin qui autorizzati. Dall’altro, ci sono altri antidoti in fase molto avanzata di sperimentazione. Il vaccino sviluppato dalla Novavax, secondo l’azienda, vanta un’efficacia dell’89% e sarà presto valutato dalle agenzie. Quello della Johnson & Johnson raggiunge il 66%. Ma nei test svolti in Sudafrica la protezione scende al 57%, e molti ricercatori sospettano che la flessione dipenda dalla variante sudafricana del virus (nome in codice B.1.351), la più temuta dagli epidemiologi.
«IL PIANO VACCINALE deve essere considerato un documento vivo» aveva già detto il direttore generale della prevenzione e membro del Cts Gianni Rezza in attesa della decisione di Aifa. A colloquio con le regioni sull’attuazione della campagna vaccinale, anche Arcuri e i ministri Speranza e Boccia ieri hanno parlato di un piano «adeguato mese per mese in base alla distribuzione». Dal canto suo, il presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi ha proposto di creare canali paralleli per le varie tipologie di vaccino, lasciando che siano i cittadini assistiti dal medico curante a scegliere tra ricevere un vaccino meno protettivo ma disponibile in tempi più rapidi, o attendere il proprio turno nella fila per i vaccini più efficaci.
* Fonte: Andrea Capocci, il manifesto
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