Argentina. Dopo l’approvazione, la patrimoniale trova i primi scogli

by Claudia Fanti * | 2 Febbraio 2021 11:03

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Il difficile viene ora: con l’entrata in vigore, il 28 gennaio, del provvedimento, approvato a dicembre dal parlamento argentino, su un contributo «solidale e straordinario» da parte dei più ricchi «per il contenimento degli effetti della pandemia», si tratta adesso di riuscire ad applicarlo realmente ai detentori di patrimoni superiori a 200 milioni di pesos (oltre due milioni di euro).

GIÀ DA VENERDÌ, l’agenzia delle entrate federale argentina o Afip (Administradora Federal de Ingresos Públicos), era abilitata a notificare la cartella di pagamento ai 12mila contribuenti, meno dell’1% del totale, chiamati a versare il tributo. Un’imposta una tantum da cui lo stato spera di ricavare 307 miliardi di pesos (oltre tre miliardi di euro), pari all’1% del Pil, da destinare, tra l’altro, a misure di sostegno a piccole e medie imprese, al rilancio delle borse di studio del programma di appoggio agli studenti Progresar e all’acquisto di materiale sanitario per far fronte al Covid.

«I momenti eccezionali esigono misure eccezionali e l’impegno di tutta la società», ha dichiarato il capo di Gabinetto Santiago Cafiero. Tanto più in un paese in recessione dal 2018, con una caduta del Pil, da gennaio a novembre del 2020, del 10,6%, un tasso di disoccupazione dell’11,7% e addirittura un 40% della popolazione sotto la soglia della povertà.

MA IL FORO DE CONVERGENCIA Empresarial, che rappresenta un’ottantina di organismi – dalla Camera di Commercio all’Asociación empresaria argentina fino alla potente Sociedad Rural, a cui appartengono le grandi imprese dell’agribusiness -, di offrire il proprio contributo di fronte a una delle peggiori crisi mai affrontate dal paese non ne vuole proprio sapere, denunciando quella che a suo giudizio sarebbe una confisca da parte dello stato. Mentre gli studi degli avvocati sono già all’opera per impedire che la legge venga applicata, anche attraverso ricorsi ai tribunali.

A OFFRIRE INVECE un giudizio elogiativo nei confronti del provvedimento, che prevede una tassa del 2% destinata a crescere progressivamente fino a un massimo del 3,5% per le fortune superiori a tre miliardi di pesos (30 milioni di euro), con aliquote dal 3 al 5,25% per i beni detenuti all’estero, è stato il magnate statunitense Morris Pearl, presidente di Patriotic Millionaires, secondo cui «gli Usa dovrebbero seguire l’esempio dell’Argentina e promulgare una misura analoga in appoggio agli sforzi per far fronte alla crisi della pandemia».

E AD AUSPICARE l’introduzione di patrimoniali è anche l’Oxfam, che nel suo ultimo rapporto, presentato al Forum di Davos, sottolinea come l’emergenza da Covid-19 offra «l’opportunità di stabilire una fiscalità giusta» contro «il virus delle disuguaglianze», attraverso un aumento dell’imposta sulle grandi fortune, delle tasse sulle transazioni finanziarie e delle misure di contrasto all’evasione fiscale». Anche considerando che, «in soli nove mesi, i mille più grandi patrimoni al mondo hanno già recuperato le perdite economiche originate dalla pandemia».
In America latina, in ogni caso, il dibattito sulla patrimoniale ha già valicato le frontiere argentine, soprattutto dopo l’approvazione anche da parte della Bolivia di una tassa, in questo caso annuale e permanente, sui patrimoni superiori ai 4,3 milioni di dollari. Non per niente, secondo la Red Latinoamericana por la Justicia Económica y Social, costituita da organizzazioni di 13 paesi, un’imposta sulle grandi fortune permetterebbe di incassare circa 26 miliardi di dollari: una cifra ritenuta sufficiente a garantire la distribuzione del vaccino contro il Covid-19.

* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto[1]

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