Aria di golpe in Armenia, il premier in piazza contro l’opposizione

by Emiliano Squillante * | 26 Febbraio 2021 11:20

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Ombre sulla politica armena, che dimostrano come gli scontri dello scorso anno nel Nagorno-Karabakh siano una ferita tutt’altro che rimarginata. Gli equilibri politici nel paese sono andati deteriorandosi dallo scorso 10 novembre – al termine degli scontri con l’Azerbaigian che si sono conclusi con il ritorno di gran parte dei territori dell’Artsakh sotto il controllo di Baku – con sempre più frequenti manifestazioni antigovernative.

LA CRESCENTE tensione favorita dagli oppositori del premier Nikol Pashinyan, che contestano la sua gestione del conflitto dello scorso anno lamentando le condizioni dell’accordo di cessazione delle ostilità, è culminata ieri quando il premier ha disposto l’estromissione del capo di Stato maggiore Onik Gasparyan, accusando le Forze armate di stare preparando un golpe militare nel paese: una decisione preoccupante se si pensa alla forte influenza dell’esercito nel paese, derivante tuttavia da un botta e risposta politico attorno ai sistemi missilistici russi Iskander in dotazione all’Armenia.

LA POLEMICA è scaturita da alcune dichiarazioni di Pashinyan, che in un’intervista ha affermato che i sistemi Iskander «non hanno funzionato, alcuni solo per il 10%», durante gli scontri dello scorso autunno. Il premier ha così risposto ad accuse precedenti dell’ex presidente Serzh Sargsyan, che nel criticare la gestione del conflitto ha chiesto conto del mancato utilizzo dei sistemi russi contro i militari e le infrastrutture energetiche azerbaigiane. «Forse risponderà sul perché i sistemi Iskander non hanno funzionato», ha detto Pashinyan lamentando «armamenti realizzati negli anni Ottanta» e lasciando così trasparire una certa distanza tra Mosca e l’attuale leadership in Armenia.

QUESTO NONOSTANTE i due paesi siano storici alleati militari (ed entrambi membri dell’organizzazione di difesa Csto), e il fatto che l’accordo di cessazione delle ostilità dello scorso autunno sia stato raggiunto con la mediazione russa.  Alle parole del premier è seguita la critica del primo vice capo di Stato maggiore Tiran Khachatryan – anche lui rimosso dall’incarico – e successivamente dei vertici militari che hanno chiesto le dimissioni del governo: replica definita «un tentativo di colpo di Stato militare» da Pashinyan, annunciando subito un corteo ad Erevan per parlare alla nazione.

Parlando ai suoi sostenitori, in contemporanea con una nuova manifestazione dell’opposizione, il premier ha alleggerito i timori di un golpe affermando che «la situazione è gestibile», dicendosi convinto che le azioni delle Forze armate fossero motivate «dalla loro reazione emotiva». Tramontata, sembrerebbe, la possibilità di un golpe, le tensioni restano alte: nel suo discorso Pashinyan ha «ordinato» ai militari di proteggere l’integrità territoriale del Paese, minacciando di arrestare gli oppositori «qualora oltrepassino il limite delle affermazioni politiche».

ED È ARRIVATA anche la reazione di Mosca sul «caso Iskander». Dopo un primo no comment del Cremlino, che ha definito la situazione un «affare interno», il portavoce Dmitrij Peskov ha riferito di una telefonata tra Pashinyan e Putin, che ha esortato tutte le parti alla moderazione. Inoltre, il ministero della Difesa russo è intervenuto per smentire le parole del premier armeno sui sistemi missilistici: «Nessuno dei sistemi Iskander è stato utilizzato nel conflitto secondo le informazioni affidabili di cui siamo in possesso». «Apparentemente è stato indotto in errore, e ha fornito informazioni inesatte», ha riferito il dicastero. Si è pronunciato anche il presidente azerbaigiano, Ilham Aliyev, imputando la «crisi senza precedenti» alla leadership politica armena degli ultimi anni.

* Fonte: Emiliano Squillante, il manifesto[1]

 

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