Matteo e Marco, dal PD al Rinascimento renziano

Minniti, l’ex ministro degli interni del governo Gentiloni e che ha avuto la delega ai Servizi segreti nei governi Letta e Renzi, lascia il Parlamento per guidare – grazie a quelle preziose esperienze – la Fondazione «Med-Or» di Leonardo – l’ex Finmeccanica controllata per il 30% dal ministero dell’Economia – nata solo giovedì scorso per essere un «mediatore economico, industriale e culturale» fra l’Italia e i Paesi di un’area vastissima. Minniti, a capo di un board internazionale di industriali e accademici, avrà un budget «consistente» e l’impegno a sviluppare «programmi strutturali nei settori aerospazio, difesa e sicurezza», con la raccomandazione che i contenuti culturali della Fondazione non siano «di facciata».
Ohibò. Insomma si attiverà un vasto e «culturale» mercato di armamenti, sistemi d’arma e alta tecnologia collegata, corroborato da iniziative diplomatico-mediatiche «democratiche» . Tanto ne vendiamo poche di armi, anche grazie a Leonardo, ai regimi corrotti, oppressivi e spesso in guerra del Mediterraneo, del Medio ed Estremo Oriente.
Una svolta nella sua carriera, dunque? No, è uno sviluppo annunciato. Che ha avuto due viatici decisivi. Il primo è l’operato da ministro degli interni nel 2017 quando, per salvare la «tenuta democratica» avviò la pratica di un universo concentrazionario sull’altra sponda del Mediterraneo, delegando il controllo dei flussi migratori dalla Libia alla cosiddetta «guardia costiera».
Cioè alle milizie mafiose che, finanziate e armate da noi, contenessero – ancora lo fanno – in campi di concentramento e prigioni migliaia di profughi in fuga da guerre e miserie spesso provocate proprio dal nostro traffico di armi. Aprendo così la strada, dopo ampia campagna di criminalizzazione delle Ong di soccorso, alla destra razzista e alle «imprese» di Salvini .
Il secondo viatico è sotto i nostri occhi. È l’ex premier Matteo Renzi che, da vero servitore dello Stato (quale?), è entrato ben sussidiato nel Consiglio dei garanti di un Fondo investimenti saudita controllato dal principe criminale – ora pure per la Cia – bin Salman; con video-ossequio all’uomo che ha ordinato l’uccisione dell’oppositore Khashoggi e la guerra fruttuosa per noi in Yemen, e con tanto di elogio al «Rinascimento saudita» e invidia per il loro «costo del lavoro»- quello degli immigrati supersfruttati, denuncia Amnesty. Così fan tutti. Buon lavoro Minniti, finché c’è guerra…
* Fonte: Tommaso Di Francesco, il manifesto
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