Tra Iran e Cina un’intesa strategica per vanificare le sanzioni Usa

Tra Iran e Cina un’intesa strategica per vanificare le sanzioni Usa

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Entrambe nel mirino degli Stati uniti, Pechino e Tehran hanno firmato ieri l’accordo di cooperazione della durata di 25 anni di cui si parla con insistenza dalla scorsa estate. La stretta di mano tra il capo della diplomazia di Tehran, Mohammad Javad Zarif, e il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, in visita nella Repubblica islamica, ha sancito un patto tra i due paesi che i media cinesi descrivono come una «cooperazione strategica, a livello politico ed economico». Ai vertici iraniani il clima è semplicemente euforico. Gli investimenti per 400 miliardi di dollari che la Cina farà nella Repubblica islamica in cambio di una fornitura vantaggiosa di petrolio, non rappresentano solo una strada che vanifica, in parte, le sanzioni americane che strangolano l’economia iraniana. Dimostrano che l’Iran è in grado di reagire e resistere al blocco asfissiante messo in piedi dalla passata Amministrazione Trump e che il nuovo presidente Joe Biden rimuoverà solo se Tehran farà importanti concessioni, non solo sulle sue ambizioni nucleari.

Pechino una volta e per tutte mette in chiaro che in Medio oriente non ha più solo ambizioni economiche. Proclama di essere pronta a recitare un ruolo di primo piano al tavolo per il rilancio del Jcpoa – l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano dal quale nel 2018 è uscito Donald Trump – e a quelli della diplomazia regionale, in competizione con Washington. «La cooperazione tra Iran e Cina aiuterà l’attuazione dell’accordo nucleare da parte dei firmatari europei e il rispetto degli impegni assunti nell’ambito dell’intesa», ha affermato il presidente iraniano Hassan Rohani auspicando il sostegno della Cina contro l’unilateralismo degli Stati Uniti. Qualche giorno fa Pechino si è offerta di ospitare un vertice internazionale con israeliani e palestinesi. «Affinché la regione emerga dal caos e goda di stabilità, deve liberarsi dalle ombre della rivalità geopolitica delle grandi potenze…Deve costruire un’architettura di sicurezza che soddisfi le legittime preoccupazioni di tutte le parti», ha poi detto un portavoce del ministero degli esteri cinese. Tradotto: ora ci siamo anche noi e non solo gli americani (e russi) a dettare legge. E probabilmente non è una coincidenza che Wang sia arrivato a Tehran per firmare l’accordo una settimana dopo lo scontro avvenuto all’incontro di Anchorage tra Stati Uniti e Cina. Una sorta di risposta secca di Pechino alle intimidazioni di Washington.

I progetti da realizzare sono ambiziosi. Dalle telecomunicazioni al settore bancario, passando per porti e ferrovie fino al sistema sanitario. In cambio l’Iran venderà alla Cina petrolio a prezzi stracciati e in quantità adeguate alle crescenti esigenze di Pechino. I due paesi collaboreranno anche militarmente con esercitazioni congiunte. Il New York Times, con sguardo statunitense sull’accordo, dubita della realizzazione di tanti progetti sino a quando non sarà risolta la questione del programma nucleare iraniano «Se collasserà del tutto l’accordo sul nucleare – ha scritto ieri – anche le aziende cinesi potrebbero dover fare i conti con sanzioni secondarie da parte di Washington».

Critiche in verità non mancano neanche in terra iraniana dove qualcuno avverte che è stato dato troppo spazio e influenza alla Cina. Ma Tehran in forte difficoltà per la pandemia e le sanzioni economiche Usa non aveva alternative davanti all’enorme investimento promesso dalla Cina. «Per troppo tempo abbiamo messo tutte le nostre uova nel paniere dell’Occidente e non ha prodotto risultati» ha chiosato Ali Shariati, un analista iraniano, «ora se cambiamo politica e guardiamo all’Est, non sarà poi così male».

* Fonte: Michele Giorgio, il manifesto



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