Cambiamento climatico. L’Europa raggiunge un compromesso: emissioni ridotte del 55%

Cambiamento climatico. L’Europa raggiunge un compromesso: emissioni ridotte del 55%

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Alla vigilia della Giornata della Terra e del video-vertice organizzato da Joe Biden con la partecipazione di una quarantina di leader mondiali, la Ue porta sul tavolo dei negoziati un accordo a 27 sulla prima tappa della lunga strada verso la neutralità carbone nel 2050: entro il 2030, la Ue si impegna a diminuire le emissioni di gas a effetto serra «di almeno il 55%» rispetto ai dati del 1990. A giugno la Commissione presenterà la Legge clima, che renderà vincolanti giuridicamente questi obbiettivi. La battaglia è per la leadership mondiale nella lotta al cambiamento climatico, ora che gli Usa sono tornati in gioco dopo il negazionismo di Trump. L’accordo della Ue interroga anche la Cina, che nel recente passato ha cercato un’intesa con la Ue a scapito degli Usa.

L’accordo della Ue è un compromesso, tra il Consiglio dove ci sono vari Stati che frenano il più possibile (era partito da una proposta di riduzione del 40%, prima di approvare a dicembre il 55%) e il Parlamento, che aveva adottato un obiettivo più ambizioso, una riduzione «di almeno il 60%». Ci sono volute, tra martedì e mercoledì, più di 14 ore di discussione sugli obiettivi per il 2030, il negoziato tra stati membri e Parlamento europeo è finito alle 5 del mattino, dopo mesi di braccio di ferro. La Commissione esulta, perché pensa soprattutto alla leadership mondiale. «Un momento storico» secondo il vice-presidente incaricato del «Patto verde», Frans Timmermans, un «accordo ambizioso» che segna «il rafforzamento della posizione nel mondo della Ue come leader nella lotta contro la crisi climatica», che «servirà da guida ai politici per i prossimi 30 anni», con la Legge clima che «forgerà il rilancio verde della Ue e garantirà una transizione verde socialmente giusta». Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, «la Legge clima piazza la Ue sulla via verde per una generazione». Per la presidenza portoghese, il ministro dell’Ambiente, Joao Pedro Matos Fernandes, sottolinea il «segnale forte al mondo intero» inviato dalla Ue.

Ma i termini del compromesso non accontentano tutti, verdi e ong impegnate sul clima segnalano «astuzie contabili» per far quadrare l’accordo. Per l’eurodeputato Verde tedesco Michael Bloss, «la Legge clima non è all’altezza, in termini reali la riduzione delle emissioni a effetto serra è solo del 52,8%, insufficiente rispetto all’Accordo di Parigi»: l’«artificio contabile» è mettere nel conto l’azione di «pozzi carbone» (utilizzazione terre agricole, riforestazioni ecc.), che riducono meccanicamente il calo delle emissioni dei settori inquinanti grazie a un calcolo al netto e non lordo. Inoltre, contro il parere dell’Europarlamento, l’obiettivo della riduzione del 55% è globale, per tutta la zona Ue, non paese per paese (alcuni stati, specie all’est, rifiutano un ritmo troppo rapido, perché troppo dipendenti dall’energia fossile).

Per la negoziatrice dell’Europarlamento, la svedese Jytte Guteland, «abbiamo alzato l’ambizione dell’obiettivo netto per il 2030 a circa il 57%, abbiamo ottenuto il budget per l’effetto serra e un Consiglio consultivo, volevamo di più ma è un buon primo passo per la neutralità climatica» (il «bilancio effetto serra» calcolerà le emissioni per rispettare l’impegno per il 2040, mentre l’European Scientific Advisory Board è un consiglio indipendente di 15 membri, nominati per 4 anni).

Secondo Pascal Canfin (Renew) presidente della commissione Ambiente, anche se «l’Europarlamento era evidentemente pronto ad andare più lontano», il compromesso è «ambizioso, faremo 2 volte e mezzo di più in 9 anni di quello che abbiamo fatto negli ultimi 10 anni».
Per raggiungere l’obiettivo 2030 di sostenibilità, la Ue ha bisogno di 350 miliardi di investimenti l’anno. Ieri, la Commissione ha presentato la «tassonomia» per una finanza sostenibile, per ottenere un «green label» degli investimenti in 13 settori economici: malgrado le pressioni di 8 paesi (Bulgaria, Romania, Polonia, Malta, Grecia, Cipro, Slovacchia e Repubblica ceca), la decisione su gas e nucleare è stata rimandata a giugno. «Non possiamo ancora perdere tempo a discutere la sostenibilità di false soluzioni, come gas e nucleare» ha commentato Greenpeace.

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto



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