Conferme all’uccisione del capo di Boko Haram, Abubakar Shekau

by Stefano Mauro * | 22 Maggio 2021 10:36

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Il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, è morto mercoledì notte durante un violento conflitto con i miliziani del gruppo jihadista rivale dello Stato Islamico dell’Africa Occidentale (Iswap), nato proprio da una sua scissione interna.

«Dopo una violentissima battaglia con i miliziani di Iswap, Shekau e molti dei suoi uomini si sono trovati circondati nella loro roccaforte, la foresta di Sambisa – afferma il quotidiano nigeriano The Humangle -, per evitare di essere catturato e nel tentativo di uccidere il maggior numero di nemici tra cui Bako Gorgore, capo militare di Iswap, si è fatto esplodere».

La notizia è stata confermata da numerosi quotidiani locali e internazionali mentre il governo centrale non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale in merito, dopo che i militari nigeriani in passato avevano erroneamente segnalato la sua morte almeno tre volte.

Muore così uno dei leader più longevi e ricercati al mondo – il governo Usa aveva messo una taglia di 7 milioni di dollari per la sua cattura, ma il Dipartimento di stato fa sapere che non sarà lo Stato silamico a incassarla  – chiamato «il signore della guerra», dopo aver trasformato Boko Haram da oscura setta radicale che combatteva l’educazione occidentale (il significato in lingua hausa di Boko Haram) in un micidiale esercito jihadista.

Shekau è diventato leader del gruppo – noto anche come Jama’tu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad (Jas) – dopo che il suo fondatore, Muhammad Yusuf, era stato ucciso dalle forze di sicurezza nigeriane nel 2009.

Sotto la sua guida l’organizzazione armata si è fatta conoscere nel mondo per i numerosi attacchi nel tentativo di proclamare un «califfato» nello stato nord-orientale del Borno. A livello globale Boko Haram era diventato celebre nel 2014 dopo aver rapito quasi 300 studentesse della città di Chibok, suscitando un moto di indignazione e una campagna internazionale (#BringBackOurGirls), con almeno 50 di loro che ancora oggi risultano «scomparse».

Da allora il gruppo ha rapito più di 15mila ragazzi, utilizzati come combattenti, e ragazze, costrette a sposarsi o ad indossare giubbotti esplosivi, come è avvenuto nei numerosi attacchi di questi ultimi anni (con oltre 100 attentati suicidi nel solo 2020).

Divisa dal carattere autoritario di Shekau, famoso anche per i suoi deliranti video-messaggi sanguinari sul web, una fazione rivale del gruppo si è successivamente staccata nel 2016 per diventare Iswap, affiliandosi allo Stato Islamico.

La scissione ha portato ad una violentissima lotta in tutta la parte settentrionale del paese con la fazione storica di Boko Haram che ha preso il controllo della regione intorno alla foresta di Sambisa e con Iswap, la cui roccaforte è intorno al lago Ciad.

Durante questi anni di lotta le due fazioni si sono sempre combattute per il dominio nell’area con una tipologia di azioni terroristiche differenti: Boko Haram con attacchi suicidi contro i civili considerati «miscredenti» e Iswap che, al contrario, ha favorito gli attacchi contro i militari dell’esercito nigeriano.

La morte di Shekau rappresenta un duro colpo per Boko Haram, già indebolita dagli attacchi aerei dell’esercito sulle sue basi e dalle defezioni tra i suoi uomini a favore di Iswap, che è emerso come gruppo più forte e organizzato (grazie anche all’expertise di numerosi capi militari provenienti dal Medio Oriente).

La stampa locale afferma che Iswap non ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale perché «sta combattendo per prendere possesso di tutta l’area di Sambisa e dell’ingente scorta di armamenti del gruppo». Numerosi analisti ritengono che la morte di Shekau possa portare a una fusione tra le due forze rivali che «peggiorerà l’insurrezione jihadista nel nord-est della Nigeria e nella regione del Lago Ciad».

Nella loro lotta per il predominio i due gruppi hanno causato in questi anni oltre 40mila vittime e 2 milioni di profughi in Nigeria per poi colpire anche tutti i paesi dell’area del lago Ciad (Niger, Ciad e Camerun).

* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto[1]

 

 

By [1] – Buying the dry goods market, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38722552

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