Estrattivismo. Nel Brasile di Bolsonaro leggi e lacrimogeni per occupare le terre indigene

Estrattivismo. Nel Brasile di Bolsonaro leggi e lacrimogeni per occupare le terre indigene

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Sono la «cura per una società malata», secondo la bella espressione dell’Apib, l’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil, eppure contro i popoli originari si sta scatenando tutta la brutalità del governo Bolsonaro: attraverso il voto parlamentare da un lato e la repressione delle forze dell’ordine dall’altro.

La Commissione Costituzione e Giustizia (Ccj) della Camera mercoledì ha dato il via libera (con 40 voti a favore e 21 contro) al disegno di legge 490/2007, la pietra tombale delle demarcazioni delle aree indigene fortemente voluta dal presidente e dalla bancada ruralista, l’onnipotente lobby dei grandi proprietari terrieri.

SE FOSSE APPROVATO definitivamente, il progetto di legge renderebbe di fatto irrealizzabili le demarcazioni, esponendo i territori dei popoli indigeni ai progetti minerari, alle infrastrutture, alle grandi centrali idroelettriche. E con ciò calpestando la Costituzione brasiliana, che riconosce i loro diritti originari sulle terre tradizionalmente occupate, insieme all’usufrutto esclusivo delle ricchezze del suolo, dei fiumi e dei laghi.

Il provvedimento, oltretutto, assume la sciagurata tesi del «quadro temporale» – ancora in discussione alla Corte suprema – in base a cui avrebbero diritto alla terra solo gli indigeni in grado di dimostrare la loro presenza nell’area rivendicata alla data di promulgazione della Costituzione, il 5 ottobre del 1988, come se tutto il processo di espulsioni violente e di massacri realizzato durante il regime militare non avesse mai avuto luogo.

ED È PROPRIO per impedire l’approvazione del provvedimento e protestare contro la politica anti-indigena del governo che è stato allestito a Brasilia, a partire dall’8 giugno, l’Acampamento Levante da Terra, a cui partecipano circa 850 indigeni di 48 diversi popoli provenienti da tutte le regioni del paese. Una mobilitazione contro cui la polizia si è scagliata violentemente con proiettili di gomma e gas lacrimogeni, senza curarsi della presenza di bambini e anziani e ferendo 14 dirigenti indigeni, due in maniera grave.

L’unica nota lieta, nel giorno stesso del voto della Ccj della Camera, è venuta dalla caduta del ministro dell’Ambiente Ricardo Salles che, già oggetto di due indagini giudiziarie – per contrabbando di prodotti forestali negli Stati uniti e in Europa e per aver ostacolato un’inchiesta della polizia sul disboscamento illegale in Amazzonia – ha presentato le dimissioni per permettere al governo di portare avanti l’agenda nazionale e internazionale «nel modo più sereno possibile».

Di lui si ricorderanno l’appassionata difesa dello sfruttamento dell’Amazzonia, l’impegno infaticabile a favore dell’agribusiness, delle imprese minerarie, delle industrie del legname e di tutti gli invasori delle terre indigene e la fedeltà al proposito di «passar a boiada», l’ormai celebre espressione da lui usata per indicare l’azzeramento della legislazione ambientale, come, per l’appunto, se ci passasse sopra una mandria di buoi.

E NON SI È SMENTITO neppure al momento dell’annuncio delle sue dimissioni, quando ha rivendicato i suoi sforzi per assicurare «l’equilibrio tra sviluppo economico e preservazione dell’ambiente». Un «equilibrio» che, in base ai dati dell’Istituto di ricerche spaziali, ha comportato nei primi due anni di governo una crescita della deforestazione del 46% rispetto al biennio precedente e addirittura del 150% nelle aree indigene.

Il ministero che lascia, tuttavia, non andrà in buone mani: a sostituirlo è stato chiamato Joaquim Álvaro Pereira Leite, già segretario dell’Amazzonia e dei Servizi ambientali e consigliere per 23 anni della Sociedade Rural Brasileira, sostenitrice della bancada ruralista.

QUANTO AL PRESIDENTE Bolsonaro, che con Salles ha perso uno dei suoi ministri più amati, ha anche lui i suoi bei grattacapi: a metterlo nei guai sono state le esplosive dichiarazioni del deputato bolsonarista Luís Miranda riguardo a presunte irregolarità nell’acquisto di venti milioni di dosi del vaccino indiano Covaxin. Messo in guardia dal deputato sui problemi legati al contratto, il presidente gli avrebbe garantito di inviare il caso alla Polizia federale, senza poi tener fede all’impegno.

* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto

 

 

ph by APIB – Articulação dos Povos Indígenas do Brasil



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