L’ex giudice Sérgio Moro colpevole di complotto. Lula vola nei sondaggi

by Claudia Fanti * | 26 Giugno 2021 8:51

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L’ultima parola sulla condotta dell’ex giudice Sérgio Moro è stata finalmente scritta: dopo il riconoscimento, lo scorso marzo, della sua parzialità da parte della seconda sezione del Supremo Tribunale Federale, è arrivata anche la conferma della plenaria della Corte suprema. Per sette voti a quattro, ha riconosciuto l’uomo simbolo dell’inchiesta Lava Jato «suspeito», cioè colpevole di aver operato per escludere Lula dal processo elettorale.

LA DECISIONE ERA NOTA già dal 22 aprile, quando la votazione era stata sospesa su richiesta del decano della corte Marco Aurélio Mello sul punteggio non ribaltabile di sette a due. Mancava solo il suo voto e quello di Luis Fux, entrambi espressi mercoledì a favore dell’ex ministro della Giustizia: scontato quello del secondo, il cui nome era finito anche nelle rivelazioni di Intercept sul complotto giudiziario contro Lula (il noto «in Fux we trust», scritto da Moro parafrasando il motto nazionale Usa «in God we trust»); più sorprendente quello di Mello, che si è spinto a descrivere l’ex giudice come un «eroe nazionale» che avrebbe «onorato la magistratura».

Di certo, con la decisione della Corte suprema, la disfatta del presunto «eroe nazionale» è completa: dopo l’ingloriosa parentesi della sua partecipazione al governo Bolsonaro, è andata in mille pezzi anche la sua immagine di paladino della lotta alla corruzione, a lungo amatissimo da un’opinione pubblica avvelenata dalla propaganda anti-Pt (il Partito dei Lavoratori di Lula) e cieca di fronte al progetto di potere della Lava Jato, con tutte le sue aberrazioni giuridiche (dal celebre «non abbiamo prove, ma abbiamo convinzioni» alla condanna dell’ex presidente «per atti indeterminati»).

Per Lula, al contrario, dopo le umiliazioni sofferte, l’arresto, i 19 mesi di carcere, l’addio al sogno di ricandidarsi nel 2018, la strada verso la presidenza appare nuovamente spianata: tutti i processi intentati contro di lui da Moro sono stati infatti annullati e se un altro giudice volesse riaprirli dovrebbe ripartire da zero.

I SONDAGGI, PERALTRO, sono tutti a suo favore, da quello dell’istituto Ideia – secondo cui l’ex presidente avrebbe la meglio su Bolsonaro (e su qualsiasi altro candidato) con il 44% dei voti contro il 39% – a quello dell’Ipec, in base al quale il leader del Pt, se le elezioni si tenessero oggi, vincerebbe addirittura al primo turno con il 56% dei voti validi, contro il 26% dell’attuale presidente.

Ad appoggiarlo, in un eventuale ballottaggio contro Bolsonaro, ci sarebbe persino il suo predecessore Fernando Henrique Cardoso, uno dei sostenitori del golpe del 2016 contro Dilma Rousseff, con cui Lula ha già sostenuto a maggio un pranzo decisamente amichevole: «Tanto Lula quanto io siamo democratici, ciascuno a suo modo – ha garantito il leader socialdemocratico – Al momento decisivo saremo insieme a difendere la democrazia».

CHE LULA GUARDI al centro-destra per una grande alleanza contro Bolsonaro non è infatti un segreto per nessuno: non si crea un fronte ampio, sostiene, solo con le forze di sinistra.

* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto[1]

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